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Giovani in difficoltà. Crepet lancia l’allarme su scuola, vita e futuro

“Serve educare alla fatica, non al consenso” in un’epoca in cui tutto sembra correre più veloce del tempo stesso, i giovani restano indietro. Lo dice con chiarezza e senza mezzi termini lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, che da anni osserva e analizzare le fragilità delle nuove generazioni. Le sue recenti dichiarazioni, rilanciate in più interviste e convegni, hanno riacceso il dibattito su scuola, educazione e benessere psicologico dei ragazzi. Un grido d’allarme che invita genitori, insegnanti e istituzioni a non voltarsi dall’altra parte.

Nella foto, in alto: il celebre psichiatria Paolo Crepet

Il disagio dei giovani: non solo studio, ma vita
Crepet non si limita a denunciare la perdita di interesse per lo studio, che pure esiste e preoccupa. “I ragazzi sono stanchi, disorientati, spesso incapaci di affrontare le frustrazioni,” ha dichiarato in più occasioni. Il suo sguardo è più ampio: riguarda la difficoltà a vivere, prima ancora che a studiare. Un’espressione forte, che rimanda a una fragilità diffusa, fatta di ansia, insicurezza, dipendenza da approvazione e incapacità di tollerare l’insuccesso. Alla base, secondo Crepet, c’è un vuoto educativo profondo: “Abbiamo insegnato ai nostri figli a desiderare il successo, non a gestire la fatica. Li abbiamo cresciuti con il mito dell’autostima, ma senza fornire loro gli strumenti per costruirla davvero”. Il risultato? Giovani che faticano a concentrarsi, che si rifugiano in mondi digitali paralleli, che non sanno più stare nel presente. I pericoli: alienazione, apatia e perdita di senso
Le conseguenze di questa situazione, per Crepet, sono tutt’altro che leggere. L’esperto parla di un rischio crescente di apatia esistenziale, una forma di vuoto che può sfociare in fenomeni preoccupanti: abbandono scolastico, isolamento sociale, dipendenze (non solo da sostanze, ma anche da smartphone e social media), e in alcuni casi depressione e autolesionismo.

Nella foto, in alto: una ragazza apatica

“Un ragazzo che non trova un senso nello studio difficilmente lo troverà nella vita,” avverte Crepet. Non si tratta solo di voti o diplomi, ma della capacità di affrontare le sfide con tenacia e autonomia. “Il vero pericolo non è l’insuccesso scolastico, ma la perdita del desiderio. E il desiderio non nasce dal premio, ma dalla scoperta, dalla curiosità, dalla fatica che viene riconosciuta.” Le cause: genitori amici, scuola complice, società distratta.

Tra le cause principali, Crepet individua il cambiamento del ruolo genitoriale: “I genitori di oggi spesso vogliono essere amici dei figli, non guide. Evitano i no per paura di perdere il loro affetto, e così li condannano a non saper affrontare le regole del mondo.”
Ma anche la scuola, secondo lo psichiatra, ha le sue colpe: “Troppo spesso si è piegata alla logica del consenso, smettendo di chiedere impegno e di dare strumenti critici.”

La società nel suo complesso, infine, offre modelli distorti: influencer più seguiti dei pensatori, successo facile anziché lavoro costante, immagine invece che sostanza. In un mondo dove tutto deve essere subito e senza sforzo, studiare diventa un’anomalia. E il pensiero critico, un lusso. Le soluzioni: riscoprire la fatica, il silenzio, l’autenticità
Contro questa deriva, Crepet propone una rivoluzione culturale. La parola chiave, a suo avviso, è “fatica”. Non come punizione, ma come strumento educativo. “I ragazzi devono riscoprire la bellezza dello sforzo, del tempo lungo, del fallimento che precede la crescita.” Serve, quindi, una scuola che non semplifica, ma che sfida, che educa al pensiero, al dubbio, alla complessità. Una scuola che insegna ad annoiarsi, ad attendere, a leggere testi lunghi, non solo post brevi.

Nella foto, in alto; un ragazzino al quale i genitori non sanno dire “no!”…

Allo stesso tempo, è fondamentale un nuovo ruolo per la famiglia: genitori che sappiano dire no, che non abbiano paura di deludere, che offrano ascolto ma anche regole, affetto ma anche fermezza. “Educare non è fare contenti, è costruire esseri umani capaci di affrontare la vita.” Infine, Crepet invita a recuperare spazi di silenzio, lentezza, autenticità. “Abbiamo bisogno di togliere, non di aggiungere. Meno stimoli, più relazioni vere. Meno social, più realtà. Meno fretta, più tempo per pensare.” Un appello alla responsabilità collettiva
Le parole di Paolo Crepet non sono solo una critica, ma un invito alla responsabilità collettiva. La fragilità dei giovani non è colpa loro, ma è il risultato di un sistema educativo, familiare e culturale che ha smesso di guidare. E proprio per questo, ognuno può e deve fare la sua parte.
Come educatori, come genitori, come cittadini. Perché, come ricorda spesso Crepet, “non ci salverà il successo, ma il desiderio. E il desiderio ha bisogno di radici.”

Robert Nazzari

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