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Depressione. Una patologia di difficile gestione

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Assale come un’ onda “nera” spegne la voglia di fare qualsiasi cosa e fa passare periodi in cui si vorrebbe rimanere fermi e immobili in casa. Manifestazioni diverse, ma che fanno capo sempre a un’unica diagnosi: depressione. Si tratta di una vera e propria malattia che ha delle ragioni fisiologiche e dei sintomi. Proprio per questo, si può curare. A differenza di quanto credono ancora in molti, che accettano ogni crisi di depressione come “cattive” compagnie dell’anima da subire e non da affrontare e guarire. Purtroppo però sono ancora in molti a fare parte di questa schiera: i numeri dicono che sono nove milioni solo in Italia. Che, sommati ai sei milioni accertati da una diagnosi, diventano in totale circa 15 milioni. Sono decisamente troppi e la situazione non è destinata a migliorare. Se non si interviene, nel 2020 la depressione sarà la seconda malattia invalidante nel mondo. E’ arrivato dunque il momento di mettere al bando vergogne e incertezze e rivolgersi a uno specialista in modo da chiarire l’origine della propria difficoltà a vivere e affrontarla con i trattamenti più appropriati.

La causa
«A provocarla è uno squilibrio nel cervello di alcuni neurotrasmettitori e in particolare della serotonina, della dopamina e della noradrenalina», spiega il professor Mariano Bassi, Presidente SIP, Società Italiana di Psichiatria. «Il motivo per cui alcune persone hanno questo disequilibrio non è ancora del tutto chiaro. E’ certo però che esiste una predisposizione genetica, tanto che spesso ne soffrono in modo più o meno intenso più membri della stessa famiglia. Perché si manifesti però ci vuole un evento importante che può, in chi ha questa predisposizione, agire da fattore scatenante. E che non deve essere necessariamente doloroso: possono scatenare la depressione anche la nascita di un figlio, il matrimonio e persino una grossa vincita».
Può inoltre colpire ad ogni età. Molte ricerche dimostrano che il mal di vivere sta crescendo sempre di più tra gli adolescenti. E’ a rischio uno su cinque e ne soffre il 6-10% nella fascia d’età tra i 14 e i 18 anni. In Italia quindici persone su cento, cioè più di sette milioni di persone, almeno una volta, hanno avuto un episodio depressivo. La donna per la sua predisposizione ormonale soffre di depressione più dell’uomo: due donne per ogni uomo. La depressione però non risparmia nemmeno la terza età, in Italia colpisce circa il 10% degli anziani.

Si manifesta in varie forme
Una malattia dalle molte sfaccettature. Non esiste infatti solo la forma tradizionale, ma anche altri tipi di depressione. «Il disturbo depressivo maggiore o unipolare è quella più diffusa», continua l’esperto.«E’ più comune tra le donne e si può manifestare a tutte le età, anche se la media di insorgenza è attorno ai 40 anni. E’ caratterizzata da episodi periodici solo depressivi, con una serie di sintomi che includono l’alterazione del tono dell’umore e disturbi della sfera neurovegetativa e psicomotoria. In aumento anche le forme bipolari dovute anche ai ritmi sempre più incalzanti. Incidono anche le sostanze stimolanti che sono diventate di uso abituale giornaliero, quali il caffè, la coca-cola, la cioccolata. Tutti questi fattori in chi ha già un organismo vulnerabile possono aumentare il rischio di un disturbo bipolare. A differenza della forma unipolare, questa è caratterizzata da periodi in cui chi ne soffre ha i sintomi classici della depressione, ad altri in cui i sintomi sono esasperati al contrario: sovreccitazione, allegria esagerata, massima resa sul lavoro e in tutte le attività, assoluta mancanza di stanchezza. Altre forme sono la distimia, una forma più lieve rispetto alle altre che può comparire nell’adolescenza. Si riscontra soprattutto nella fascia d’età che va dai 18 ai 45 anni. I sintomi principali sono: insonnia o ipersonnia, scarso appetito o iperfagia, bassa autostima, sentimenti di insicurezza, inadeguatezza, inefficienza, difficoltà di concentrazione, sconforto, tristezza, pessimismo, affaticabilità e scarsa energia.

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Nella foto, in alto: un depresso

Le depressioni femminili
Gli ormoni femminili giocano sicuramente un ruolo importante per quanto riguarda la depressione e lo dimostra anche il fatto che in età infantile la depressione è più frequente tra i maschietti, mentre dall’adolescenza in poi, quando avviene la maturità sessuale, diventa prevalente tra le femmine. In particolare, gli studi hanno provato che la serotonina, il neurotrasmettitore maggiormente implicato nella depressione, viene modulato dagli ormoni femminili estrogeni. Per dare il via ai sintomi depressivi può essere sufficiente quindi, in chi ha già la predisposizione a soffrirne, una variazione del livello di questi ormoni prolungato per più mesi. I trattamenti? «Sicuramente la psicoterapia per aiutare a superare il periodo di sofferenza», spiega il professor Giovanni Biggio, Presidente SIF, Società Italiana di Farmacologia. «Quando però i sintomi sono intensi, oppure non ci sono miglioramenti, si ricorre sempre alla cura farmacologica antidepressiva. I principi attivi più impiegati in genere sono quelli che fanno parte della classe degli inibitori del re-uptake della serotonina e/o della noradrenalina.
Il periodo forse più a rischio è quello dopo il parto: secondo dati recenti ben il 66% delle donne nei giorni successivi alla nascita del loro bimbo ha un’elevata probabilità di sviluppare una forma di depressione particolare, chiamata “post-partum”. A far scatenare i sintomi è probabilmente la brusca modificazione dell’assetto ormonale che, in chi ha già la predisposizione, può causare anche un’alterazione nell’equilibrio dei neurotrasmettitori responsabili della malattia depressiva. I sintomi sono legati ai cambiamenti del proprio ruolo e alle “nuove” responsabilità verso le quali si avverte un senso di inadeguatezza. Iniziano così crisi di pianto improvvise, difficoltà a dormire e a mangiare, rifiuto o comunque irritabilità nei confronti del piccolo o del marito, tristezza. Un altro momento delicato è quello della menopausa, tanto che il 7% delle donne dopo i 55 anni ha problemi di depressione. In questo caso a fare da “start” alla malattia è spesso il senso di inutilità che viene avvertito con la cessazione dell’attività ovarica e quindi la conclusione della propria fertilità. In altre donne invece a fare da fattore scatenante sono i cambiamenti nella propria vita, dall’uscita dei figli da casa al passaggio dall’attività lavorativa al pensionamento. Infine, per molte donne può essere un periodo a rischio la settimana prima delle mestruazione. In tal caso la depressione diventa parte della sindrome premestruale. Consiste in una serie di disturbi come tensione al seno, mal di testa, irritabilità, insonnia, oltre ai disturbi depressivi».

Cura ed effetti collaterali
Rispetto ai “tradizionali” antidepressivi triciclici, quelli di ultima generazione sono ben tollerati. «Hanno il vantaggio di avere pochi effetti collaterali: i più comuni sono a livello gastrico, come la nausea, ma si risolvono da sé nell’arco di un paio di settimane dall’inizio della cura», continua Biggio. «Sono frequenti anche le disfunzioni sessuali che lentamente scompaiono man mano durante il trattamento. Si tratta in particolare di anorgasmia per le donne ed eiaculazione precoce e problemi di erezione per gli uomini.
Inoltre i farmaci si prendono solamente una volta al giorno, anziché due, tre come i triciclici. Va precisato anche che dopo la prescrizione della cura, il medico non abbandona il paziente, ma è disponibile per ogni chiarimento.
Il momento ideale per prendere il farmaco è la mattina dopo la prima colazione. In questo modo è possibile contrastare la nausea che in genere si manifesta nei primi 7-10 giorni di cura. Inoltre se viene rispettata una cadenza regolare di somministrazione si evita di scordarsene perché diventa parte della routine mattutina. Spesso alla cura farmacologica viene affiancato un ciclo di psicoterapia. E’ un’ottima terapia di sostegno che aumenta l’efficacia del farmaco e rende più stabili i risultati».

Giovanna Lombardo

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