Eccoci qui con Alfredo Nicolardi, “The Entertrainer”. La natura è stata generosa, con questo ragazzo. Bello come il sole, possiede un senso dell’humor smisurato che gli permette di tirare fuori una battuta dietro l’altra e, in più, un’inventiva fuori dal comune per gag, video, canzoni, stravaganze e tutto quello che possa divertire amici e pubblico. Un personaggio di grandissimo carisma, un bravo atleta versatile a tutto tondo con competenze in moltissimi sport, compagno di Tag Team dell’Ultimo dei Titani: Kronos. Un vero vulcano di idee, sempre impegnato in qualcosa, affabile e di modi gentili. E che gli manca?
Vediamo cosa ci racconta!
Ciao, Alfredo, e grazie per il tempo che ci dedichi. Raccontaci un po’ di te partendo dall’inizio: dove sei nato e cosa ricordi della tua prima infanzia?
Ciao Erika, figurati! Anzi, grazie a te e a Mondomarziale per aver pensato di dedicarmi uno spazio. Ci avete messo parecchio, eh? Avete intervistato cani e porci prima di me, ma comunque grazie dello spazio che mi state dedicando. E poi non ho un *** da fare, quindi…
Sono nato a Milano nell’ormai lontano 1986: un bel bambolotto di più di quattro chili e mezzo. Da piccolo ero un birbantello, un ricciolone moro. Sembravo un Riccardo Cocciante in piccolo. Oddio, neanche tanto piccolo, vista la sua altezza. Poi ho avuto una fase in cui ero mingherlino, e mia sorella pensava crescessi sifilitico tipo Fabio Tornaghi. Per tutta risposta, invece, sono diventato obeso. Con la crescita, poi, sono dimagrito e adesso passo dall’essere magro e atletico ad essere un ciccione come il mio tag team partner. Faccio un po’ la fisarmonica insomma.
Andavo all’asilo dalle suore. Era proprio di fianco a casa ma nonostante la comodità non lo amavo molto: le suore erano abbastanza dure ed io ero già un po’ ribelle. Quindi spesso frignavo perché non ci volevo andare, e a volte riuscivo a raggiungere il mio scopo.
Da piccolo avevo due grandi passioni che mi hanno accompagnato fino ad oggi: il canto e la fi**, e non esattamente in quest’ordine. Già da bambino cantavo dapprima proprio delle canzoni di Cocciante, e poi sono passato a quelle di Bocelli. Non ricordo come iniziai ad ascoltare canzoni così impegnative ma me ne innamorai subito, e vedere un soldino di cacio cantare lirico era davvero strano e divertente. Per quanto riguarda l’altra mia passione, ti dico solo che all’asilo avevo già baciato in bocca tutte le mie compagnucce.
Anche le scuole elementari erano vicino a casa tua, no? Cosa combinavi, in quel periodo?
Certo che sei impicciona, eh? E fattelo, un pacchettino di ca*** tuoi! Comunque, sì: ho sempre avuto tutto a due passi da casa! Asilo, elementari, medie, oratorio, palestra, prima fidanzata ecc. Anche alle elementari ci ho dato dentro e sono stato fidanzato con tutte le mie compagne. Che rimanga tra noi, mi ero anche “innamorato” di alcune maestre che però, a dire il vero, erano dei gran cessi. Poi ho avuto una brusca frenata. Nelle cose che contano, quelle serie, sono stato tardivo. Pensavo più a divertirmi e a cose frivole, ma alla fine ho recuperato alla grande.
Tornando alle elementari, ero uno dei pagliaccetti della classe. Non sono mai stato molto studioso, ma la memoria mi ha sempre salvato e la mia fortuna era di averla ottima: stavo attento a lezione così a casa non studiavo mai un ca***.
Ho sempre preferito le materie umanistiche: italiano, principalmente. La matematica non ha mai fatto per me ed, ovviamente, amavo l’intervallo. Passavo giornate intere all’aperto a giocare a pallone. Non ho mai avuto particolari dote artistiche ma in casa mi piaceva disegnare, oppure giocavo e rompevo le scatole a mamma e nonna.
Chi erano i tuoi eroi, da bambino e che valori incarnavano? Cosa avresti voluto fare, da piccolo?
Non penso di avere mai avuto degli eroi in senso stretto. Mi piacevano dei personaggi della tv, dei cartoni, eccetera, ma eroi veri e propri, penso mai. Oppure invece li ho avuti, ma semplicemente non me lo ricordo.
In generale comunque ho sempre tenuto molto ai valori della famiglia. Purtroppo non ho mai avuto una figura maschile forte durante la mia infanzia. Mio padre, per vari motivi, è sempre mancato. Sono stato cresciuto da mia mamma e per lo più sono sempre stato circondato da figure femminili: nonna, sorella più grande, eccetera. L’unico maschio della famiglia era mio nonno che viveva a Cremona, che solo più avanti ho imparato a conoscere, amare e stimare, ed ho iniziato un vero rapporto con lui che ero già grandicello. Cosa avrei voluto fare da grande? Anche qui non ho una risposta ben definita… l’attore, il comico, il cantante… un qualcosa che centrasse con l’intrattenimento. Come ti ho già detto, cantavo. Immagino dovessi essere bravo, perché la mia vicina di casa, che per me era come una nonna acquisita, mi aveva regalato un milione di vecchie lire per andare al conservatorio! Mi sentiva cantare e voleva intraprendessi degli studi in tal senso. Il problema è che io sono volubile e mi scazzo facilmente, quindi non l’ho mai accontentata. Spero non me ne voglia. Oltre a cantare facevo le imitazioni. Ai tempi di “Mai Dire Gol” imitavo praticante tutti, ma alla fine anche questa è rimasta solo una passione, un divertimento.
E dopo le elementari, che tipo di studi hai intrapreso?
Beh, dopo le elementari ci sono le medie e, dopo le medie, le superiori. Le medie sono andate più o meno come le elementari, con la differenza che non ho baciato e non mi sono fidanzato con nessuna. Qualche ragazzina mi piaceva anche parecchio ma, come ti dicevo, ho avuto una fase di stop. Forse ci avevo dato dentro troppo prima, ma la verità è che – anche se non lo si direbbe mai – sono sostanzialmente timido, e probabilmente quella è stata la fase di maggior timidezza. In quel periodo mi sentivo un po’fuori dal coro, decisamente contro corrente. Quello che facevano gli altri non mi divertiva e quindi preferivo stare da solo. Probabilmente sono cresciuto tardi io, oppure troppo presto i miei compagni.
Dopo le medie, dicevamo, ovviamente, vengono le superiori. Non avevo bene le idee chiare riguardo a che indirizzo scegliere e, un po’perché ci andavano dei miei amici, un po’perché il computer prendeva piede, ho deciso per la scuola di perito informatico. Che cazzata, ragazzi! Non ci ho mai capito un ca*** e mi faceva pure schifo. Ero fortissimo in educazione fisica, ma il quattro in matematica era praticamente fisso. Indirizzo di studi toppato alla grande. Così, visto che non mi piaceva, bigiavo un sacco: in un anno ho fatto più di tre mesi di assenza! Durante i primi anni, però, me la sono giocata bene. Fingevo di stare male anche se ero in ottima salute, in classe stavo attento e, matematica a parte, ascoltando un po’, studiando il minimo indispensabile e copiando parecchio, me la sono cavata. Anzi, di più! Ero rappresentante di classe, i professori avevano molta fiducia in me e mi tenevano molto in considerazione… Ho sempre avuto un po’ la classica faccia da culo insomma.
Ti hanno mai sgamato?
Uff, hai voglia! Il quinto anno ho esagerato: mi sono fatto prendere la mano e se prima bigiavo stando a casa, adesso uscivo per andare a scuola ma me ne andavo senza entrare, magari con degli amici. Andavamo in Duomo, in giro in macchina con un compagno più grande che aveva già la patente, ed un paio di volte mi sono pure fatto beccare clamorosamente. Ne ho fatte di ogni, anche perché ormai ero maggiorenne e le giustificazioni ormai me le firmavo da solo.
Una volta, poco prima della fine dell’anno scolastico e degli esami, ho convinto l’intera classe a bigiare per andare al parco a giocare a pallone. Il problema era che uno dei miei compagni doveva per forza consegnare un compito ad una delle professoresse. E allora? Sono entrato tranquillamene in sala professori, ho messo il foglio nel cassetto della prof. in questione, sono uscito e via, tutti a divertirsi! Avevamo creato un bel gruppo.
In classe non ero più pacato ed attento come prima. Uscivo spesso perché stavo con una della classe a fianco, e quindi sfruttavo il mio ruolo di rappresentare per inventare cazzate e per stare fuori. Fino ad arrivare al degenero totale: trenini durante le interrogazioni, portando via gli interrogati. Una volta, per fare uno scherzo alla prof di diritto – la nostra vittima preferita – abbiamo disegnato l’urlo di Munch con la scritta “Prof, diventi pazza”, ispirandoci ad una coreografia del Milan durante il derby. Al suo ingresso abbiamo sollevato il cartellone e riempito la classe di coriandoli. Beh, alla fine me l’hanno fatta pagare, e agli esami mi hanno bocciato in cinque materie. Però, fanc***! Mi sono divertito un sacco e comunque l’anno dopo ho preso la mia rivincita: promosso con 71, quindi…
Ma tra una bigiata e l’altra, sei riuscito a combinare qualcosa di positivo?
Sì, dai, qualcosa di positivo l’ho fatto, e poi in quegli anni ho delineato la mia strada. Ho fatto una miriade di sport, da quelli più classici tipo nuoto, pallavolo o basket a quelli più insoliti come il kung fu, il rugby, il pattinaggio e l’hockey su strada. Nel calcio, sono stato portiere titolare dell’Accademia dell’Inter nonostante tifassi Milan. Ho iniziato a fare kick boxing e finalmente sono approdato in palestra. Se prima dopo un po’ mi stufavo, qui per un po’ di tempo mi sono fermato.
La palestra mi divertiva molto, ci passavo ore ed ore. Mi allenavo e poi mi fermavo a chiacchierare, ridere e scherzare. Lì, ho conosciuto anche la mia prima ragazza, e tra tira e molla siamo stati assieme quasi cinque anni. Per quanto riguarda la kick boxing, anche lì mi divertivo parecchio. Non era lenta come altre arti marziali nemmeno a livello di apprendimento e, se eri portato, in un paio di mesi menavi già le mani. L’ho praticata per sei anni, sono diventato cintura nera, allenatore, poi ho smesso ed ho ricominciato a provare altri sport tra cui l’arrampicata ed il beach volley.
Tutte queste discipline perché avevi “fame” di atletica o per quale motivo?
Guarda, ho sempre avuto una buona attitudine sportiva e quindi, in poco tempo, arrivavo a fare qualsiasi sport a buoni livelli: riuscivo a distinguermi dalla massa. Il problema è che sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli. Non amo molto stagnare, quindi, quando arrivavo ad un buon livello, le scelte erano due: o continuare a livello professionistico o cambiare sport per avere nuovi stimoli. Ho quasi sempre scelto la seconda. Evidentemente non ho mai trovato lo sport giusto. Ho sperimentato, mi sono divertito, mi piaceva, ma non avevo voglia di farlo da professionista. Ci ho provato un po’con la kick boxing, ma ho smesso quasi subito. Principalmente non volevo farmi male, per quello ho mollato i combattimenti ed ho deciso di diventare allenatore.
Tu dirai: “hai smesso di praticare kick boxing per non farti male ed ora fai Wrestling?” La risposta è: “sì sono scemo”. Nelle prossime domande ti spiegherò qual è la differenza. Tornando ai continui cambi di sport, per fare un’analogia, è un po’come avere una fidanzata: finché non trovi la donna della tua vita le relazioni iniziano e finiscono, e continui ad avere flirt e storie varie finché non trovi quella giusta. Il lato positivo è che posso dire di aver provato diverse discipline, ed ora so cosa fa per me e cosa no.
Oltre a frequentare la palestra da utente, ci hai fatto anche carriera: Come è avvenuto il passaggio e cosa insegni, ora?
Ebbene sì. Non solo lavoro nelle palestre ormai da dieci anni, ma ne ho anche gestita una per quasi quattro anni. Il tutto nasce nella palestra di cui vi ho parlato prima. Ho avuto la fortuna di avere un istruttore che amava il suo lavoro e siamo diventati amici. Dato che passavo lì un sacco di tempo mi ha preso in simpatia e, sotto la sua ala protettrice, mi ha insegnato il mestiere e mi ha trasmesso l’amore e la passione per ciò che faceva. Ma non si poteva fare i ca*** suoi!? (ride) Quando stava male o aveva un problema, un imprevisto, chiedeva a me se potessi sostituirlo in sala, tanto ormai ero di casa. Così ho iniziato a muovere i miei primi passi in una sala pesi. Poco tempo dopo ho deciso di intraprendere gli studi per lavorarci davvero, in palestra! Mi piaceva un sacco, mi dava stimoli e, da scansafatiche che ero, sono diventato un fottuto secchione. Prendevo voti altissimi: sul diploma da istruttore c è scritto 100/100. Ho iniziato così a lavorare in una palestra a Corsico, ma non ho smesso di studiare. Sono diventato personal trainer, preparatore atletico, istruttore della Sala Corsi, educatore alimentare, istruttore di nuoto, e poi ancora ho fatto corsi per la ginnastica posturale, per la riabilitazione… insomma tutto quello che poteva servire per fare bene il mio lavoro a trecentosessanta gradi, e tutt’ora implemento le mie conoscenze e mi tengo aggiornato. Dalla piccola palestrina di Corsico sono approdato in una palestra dietro il Teatro Alla Scala e lì ho fatto il salto di qualità: sono diventato direttore del centro! Anche continuando a lavorare fisicamente, lì, gestivo tutto, anche i lavoro di ufficio: dalla parte tecnica alla logistica e a quella commerciale. Amo stare in mezzo alla gente, insegnare, ma soprattutto puntare sul lato umano dei rapporti. Rido e scherzo con tutti, mi faccio prendere in giro… Cerco di rendere il più divertente possibile l’esperienza in palestra, che – diciamoci la verità – di base è un po’ noiosa.
Ora lavoro in uno dei club più belli e rinomati di Milano: la Canottieri Olona, in una splendida cornice che si affaccia sul Naviglio. Qui faccio di tutto: lavoro in sala pesi, faccio il personal trainer, l’istruttore in sala Corsi, funzionale e circuit training, l’istruttore di nuoto e seguo la preparazione tecnica di tennis e nuoto. Nonostante i diversi limiti di questo mestiere amo fortemente quello che faccio e non penso riuscirei mai a fare un lavoro diverso dal mio.
È più appagante praticare o insegnare? Che qualità bisogna avere, per essere un buon insegnante?
Sono due sensazioni diverse. Sono entrambe appaganti, ognuna a suo modo. Fare sport in concreto e riuscire in qualcosa è estremamente soddisfacente, ma anche riuscire a trasmettere le proprie conoscenze ad un’altra persona lo è.
Per me, vedere uno dei miei allievi raggiungere un obiettivo è estremamente gratificante, oppure risolvere un problema fisico a qualcuno… Beh, è come la pubblicità di Mastercard: non ha prezzo. Ti fa stare bene e ti fa sentire utile. Lavorare a contatto con la gente non è mai facile. Hai a che fare con mille teste diverse, devi ascoltare i loro problemi, i loro racconti. A prescindere che tu ne abbia voglia o meno, ci vuole tanta empatia, tanta pazienza e, perché no, anche una piccola dose di capacità di intrattenimento. Per stare a contatto con la gente devi esserci portato. Ci sono alcune cose che non puoi imparare: o le hai o non le hai. È un po’ come la luccicanza del film di Shining!
E in mezzo a tutto questo sport, il wrestling da dove salta fuori?
La prima volta che ho avuto a che fare col Wrestling è stato alle elementari: ero ad una festa di compleanno a casa di un compagno di classe. Ai tempi si usava fare un regalino agli invitati, e mi ritrovai quindi con in mano un omino snodato. Indovinate un po’? Era un omino WWF di una famosa marca di giocattoli.
Il secondo contatto avvenne con l’arrivo della WWF in chiaro su Italia Uno commentata da Dan Peterson, e mi piaceva guardare questi omoni che si menavano. Mi divertivo! Ricordo Yokozuna che scappava all’arrivo di The Undertaker con la bara, e poi mi faceva morire il buon Dan che si inventava le cose. Impazzivo quando, con il suo classico accento, diceva: “Guardate, lui sta dicendo: ‘WELL tu non puoi fare questo, ok?” quando in realtà il wrestler in questione non apriva neanche la bocca. Ci fu poi un periodo di stacco fino a quando il wrestling tornò in chiaro con la WWE commentata da Christian Recalcati e Giacomo Ciccio Valenti. Da quel momento scoppio l’amore. Non perdevo una puntata, spesso saltavo scuola il sabato mattina per non perdermi le gesta dei miei beniamini: Eddie Guerrero, Triple H, eccetera. Ricordo che subito dopo la puntata facevano un telefilm su un wrestler universitario che viveva con la sua ragazza (strafiga), ma non ricordo il nome. È stato così che ho iniziato ad appassionarmi al wrestling. Ho iniziato a collezionare action figures e tutti i gadget che trovavo. Provavo ad infilarmi ovunque, sono riuscito a scrivere delle recensioni e degli articoli per Wrestlingmania.blogosfere.it, blog gestito allora da Lorenzo Lucon e Fabrizio Ponciroli. Avevo contattato Paolo Lanati, che ai tempi commentava la New Japan, per propormi come suo portaborse: insomma le provavo tutte per entrare in un qualche modo nel mondo del wrestling. Il ruolo di semplice fan mi stava stretto. Un giorno, mentre cazzeggiavo al lavoro, venni a conoscenza di uno show della NWE a Torino. Non c’era nessun nome che conoscevo ma, associato all’evento, c’era un seminario. Non mi sono fatto scappare l’occasione di salire su un ring! Presi i biglietti e salii subito in macchina in direzione Torino. È stata un’esperienza divertentissima! Mi piacque così tanto che pochi mesi dopo decisi di andare in Inghilterra a vedere un altro show, credo fosse in collaborazione con la NWE. Lì, il mio referente era Sylvano, un signore che collaborava e penso collabori tuttora con wrestlers e federazioni. Mesi dopo, questo Sylvano mi parlò della RWA (una federazione di Roma). Quando – come logico – andai anche lì, mi proposero di aprire una “filiale” a Milano. Accettai subito la proposta! Acquistai un ring e creai la mia federazione, la MWA (Milan Wrestling Academy), con tanto di logo strafigo da me ideato. Il mio sogno di entrare nel mondo del wrestling sembrava si stesse avverando.
Ora conoscevo lottatori famosi, giravo in alcuni backstage, iniziavo a fare seminari con professionisti e la cosa mi gasava tantissimo. Purtroppo, però, le cose non andarono benissimo: organizzai solo un evento con la ex WWE Katie Lea, poi più nulla. Il mio legame col Wrestling attivo, ora, invece, sembrava già finito. Ero tornato ad essere un fan. Vedevo eventi e collezionavo memorabilia, ma non rinunciai mai realmente al mio sogno di essere qualcosa di più. Aiutai Michele Posa ad organizzare una presentazione del suo libro, a Milano, ed ero sempre in allerta per cogliere altre occasioni. A distanza di anni ebbi modo di collaborare con il museo del cinema di Milano come curatore di una mostra su Boxe e Wrestling. Purtroppo il museo ebbe dei problemi seri e non se ne fece mai nulla ma, mentre organizzavo, presi contatti più seri proprio con Michele, che in seguito mi invitò all’anteprima di uno dei tanti film di The Rock: “Hercules”. Lì, conobbi Giacomo Giglio aka The Greatest, gestore dell’allora neonato Wrestlingstore di Milano, ora proprietario del Wrestling Planet. Parlando, venne fuori che lui era un allenatore e che io avevo un ring. Iniziammo quindi a collaborare, e in questo modo rinacque in pianta stabile la FCW Academy, che era ferma da un pezzo. Finalmente, da semplice fan iniziava davvero il mio percorso per essere un wrestler.
Hai combattuto soltanto con la FCW o anche con altre federazioni? Come sei arrivato alla FCW?
Principalmente ho lottato in FCW: è la mia federazione di appartenenza, la mia casa! Ho iniziato a calcare il ring grazie alla collaborazione con il Circo Peppino Medini. Fu un’esperienza pazzesca ed incredibilmente divertente. Il primo vero e proprio show arrivò un mese dopo, nel maggio 2015. Da allora ho combattuto 69 match, di cui la stragrande maggioranza in FCW, ovviamente. Ma ho anche avuto la fortuna di fare esperienza fuori casa. Ho lottato in dieci federazioni in totale, oltre alla FCW. La prima uscita fuori casa fu in ASCA, al Best in Italy, show con tutti i migliori wrestlers italiani. Per me fu un vero onore partecipare ad uno show del genere, insieme ai nomi migliori del nostro Paese. Poi arrivarono la MAW di Brutus e Grava, la Rising Sun, la Bullfight, la NOW, la BWT, la WIVA, la KOX, la IWA ed in ultimo la Megastar. In quest’ultima ho avuto l’occasione di dividere il backstage con un mostro sacro come RVD (Rob Van Dam) e, credetemi, è stato pazzesco, estremamente stimolante.
Pensi che per te il wrestling sia la “donna giusta” che cercavi o solo un altro sport da fare con entusiasmo ma senza intenzione di eleggerlo a “Passione della Vita”?
Il Wrestling ha sicuramente qualcosa in più! È un mix di allenamento, di tecnica, di interpretazione, di interazione col pubblico, e poi unisce sport ed intrattenimento che sono le due cose che amo di più. Quindi se non è la “donna giusta” è sicuramente l’amante perfetta.
Cosa ti dà, il wrestling, di più o di diverso dagli altri sport?
Mi regala un sacco di emozioni. Mi diverto da morire, non mi annoio mai. Lo show, poi, è impagabile: interpretare un personaggio, interagire col pubblico mi piace da impazzire e mi fa sentire vivo, mi appaga!
Come è nato il tuo ringname?
Il mio ringname fa parte di me. Nasce molto prima del mio avvicinamento al wrestling lottato. Lavoravo nella palestra che gestivo dietro il Teatro Alla Scala e, come vi dicevo, oltre alla mera parte tecnica amavo fare intrattenimento. Volevo che i frequentatori del centro si divertissero, che fosse un piacere, per loro, venire in palestra ad allenarsi. Così un giorno un socio mi disse: “Ca***, tu non sei un trainer, sei di più: sei un ENTERTRAINER!” (gioco di parole tra trainer – allenatore – ed entertainer – intrattenitore.) Mi piacque talmente tanto, sentii talmente mia questa definizione che la feci subito mia. Da quel momento io ero “THE ENTERTRAINER”. Creai un mio logo, anche se non lo utilizzai subito. Quando poi iniziai a fare Wrestling lo ritirai fuori. Non ebbi alcun dubbio: anche sul ring sarei stato The Entertrainer.
Alla fine sei arrivato a conoscere di persona i tuoi idoli italiani che guardavi in tv, da Peterson a Ponciroli, passando per Paolo Lanati e finendo con gli attuali commentatori della WWE. Che ricordi hai di queste persone? Chi, tra loro, ti ha deluso e chi ti ha piacevolmente sorpreso?
Sì, la vita è proprio strana! Per Ponciroli e Lucon scrissi solo alcune cose per il loro blog, parlai con loro su Facebook o tramite e-mail ma nulla di più. Ho avuto modo di incontrare diverse volte i commentatori di Sky, ma non posso dire che con loro ci sia mai stato un vero rapporto. Ho anche scambiato delle mail con Coach Dan Peterson. Coach Gamba (hall of fame sia come allenatore che come giocatore di basket, per chi non lo sapesse), frequenta la mia palestra ed è molto amico di Dan. Considerati gli ottimi rapporti e la confidenza che ho con lui, gli chiesi se potesse farmi contattare da Peterson, in quanto avrei voluto portarlo come ospite ad uno show FCW. Poco tempo dopo, vidi arrivare una mail proprio dal Coach che diceva: “Alfredo, Coach Gamba mi ha detto di contattarti: dimmi tutto”. Gli feci la mia proposta ma mi rispose: “Grazie per l’interesse, Nicola. (Nicola??) Per questo devi parlare col mio manager”. Purtroppo non se ne fece mai nulla, chiese una cifra folle e fu un po’ una delusione. La storia bella invece è con Paolo Lanati! Vi ricordate? Quello a cui scrissi per fargli da portaborse. Bene, a distanza di anni ho avuto modo di conoscerlo di persona, nel negozio di Giacomo. Si rivelò una persona estremamente umile e disponibile. Era senza macchina, così mi offrii di accompagnarlo a casa. Chiacchierammo per tutto il tragitto e lui, molto gentilmente, mi invitò a commentare con lui una puntata di Wrestling WWE su Eurosport. Ovviamente non mi feci scappare l’occasione ed accettai subito l’offerta. Non andò benissimo: ero un po’imbarazzato e commentare in diretta non è affatto facile. Comunque rimanemmo in contatto ed andai ancora ad affiancarlo al commento, questa volta degli Strongmen. Registrammo una decina di puntate ed andò decisamente meglio. Alla fine siamo diventati amici: ora giochiamo a calcetto assieme, ho conosciuto i suoi figli, suo fratello, andiamo a vedere assieme la WWE, (in realtà è lui che invita me, se ne ha la possibilità) e viene a vedere la FCW quando riesce. È una persona splendida ed è nata davvero una bella amicizia. Chi l’avrebbe mai detto?
Fai sport anche durante le vacanze o per te la vacanza è solo un periodo di relax perché durante l’anno ne fai anche troppo?
Fino ad un paio di anni fa, sì. Da principiante mi ammazzavo di beach volley: ore ed ore a giocare sotto il sole. A volte capita anche che faccia qualche corsetta o qualche allenamento a corpo libero, ma se prima non riuscivo a stare fermo adesso ho imparato anche a godermi l’ozio più totale.
Quali sono i tuoi hobbies?
Non ne ho di fissi: essendo sempre alla ricerca di nuovi stimoli, cambio anche quelli. Quello che non cambia mai è l’amore per la musica, i film thriller, le cene accompagnate da un buon bicchiere di vino e magari da una bella ragazza/donna.
Come tutti quelli della tua generazione, il lavoro – inteso come posto fisso – è un miraggio e una ricerca continua, un pellegrinaggio e un calvario perpetuo. Che lavori hai svolto, finora?
Eh sì, purtroppo! E questa condizione mi pesa molto, mi piacerebbe avere un po’di stabilità. Da ragazzino ho fatto il cameriere in albergo, l’animatore in spiaggia, l’aiuto bagnino ed ho lavorato in sala giochi. Crescendo, poi, ho lavorato in un call center per una nota compagina telefonica, e sono durato tre giorni. Ho fatto l’assicuratore per la maggiore compagnia assicurativa italiana, ma non faceva per me, ed infine ho iniziato a lavorare in palestra. Nei momenti di necessità ho fatto il cameriere nel ristorante di mio zio, ed ho avuto un piccolo intermezzo in cui ho lasciato il mondo delle palestre per gestire il bar di famiglia. Alla fine, però, sono tornato alla base.
Come vedi la situazione del wrestling in Italia?
Sicuramente ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi anni, ma c’è ancora tanta strada da fare. Nascono federazioni/promotion in continuazione, ma poche riescono a sopravvivere e a dare continuità al loro prodotto.
La solita domanda da un milione di dollari: Cosa bisognerebbe fare, secondo te, perché tutti si rispettino e le varie federazioni collaborino attivamente tra loro?
Purtroppo il mondo del wrestling italiano è costituito in gran parte da primedonne. Molti si prendono troppo sul serio, ci sono troppe gelosie e questioni irrisolte. Per cambiare le cose e crescere definitivamente ci vorrebbe qualcuno che decida di investire seriamente nel wrestling e che veda la cosa come puro business, non come un giocattolo per appagare le proprie ambizioni ed il proprio ego.
E il tuo compagno di tag team, Kronos, dove e come l’hai conosciuto?
L’ho conosciuto ai primi allenamenti in FCW. All’inizio non ci prendevamo molto, ognuno se ne stava per i fatti suoi. Poi, non so bene cosa sia successo ma è nato “l’amore”. È nata una bella amicizia ed anche se all’apparenza non c’entriamo nulla l’uno con l’altro, abbiamo scoperto un ottimo feeling che ci accomuna. Ci intendiamo alla grande: finiamo l’uno le frasi dell’altro e diciamo le stesse cazzate. La collaborazione sul ring è stata la naturale conseguenza della nostra amicizia. Penso che sia proprio questa sintonia nella vita reale che ci rende un ottimo tag team.
Che differenza c’è tra salire sul ring da solo e salirci come un tag team? Cosa ti dà e cosa ti toglie, un partner fisso?
Sono due cose completamente diverse. Quando lotti in coppia sai di avere sempre qualcuno al tuo angolo pronto ad aiutarti ed a sostenerti. Dove non arrivi tu può arrivare lui, e viceversa. Da solo, è tutto sulle tue spalle e se succede un qualsiasi imprevisto devi cavartela da solo. Personalmente, mi diverte molto di più lottare in coppia. Non penso che avere un tag team partner tolga qualcosa. Per me è un valore aggiunto: hai sempre un amico insieme a te. L’unica cosa negativa è che alla lunga si può essere visti e considerati solo come tag e non come singoli, ma non penso sia il nostro caso.
Cosa ti dà e cosa ti toglie, il wrestling?
Mi regala un sacco di emozioni, mi diverte tantissimo e mi dà la possibilità di passare del tempo insieme a quelli che ormai sono amici. Toglie tempo: allenarsi tutti i sabati sera è impegnativo ma si fa per passione. Soprattutto, diciamo che dà anche tanti acciacchi!
Che cosa sogni per il tuo futuro, sia come atleta che come uomo?
Come atleta vorrei fare ancora tanta esperienza, vedere altre realtà, avere match di spessore e magari fare delle esperienze all’estero. Come uomo mi piacerebbe costruirmi un futuro, avere stabilità, trovare la persona giusta per me con la quale mettere su famiglia, avere un bambino e condividere la mia vita con persone che amo.
Quale altro sport vorresti praticare, in futuro?
Quando smetterò di fare Wrestling credo che mi limiterò solo a fare un po’di attività fisica per tenermi in forma. Dubito che mi possa infilare in un altro sport, anche perché non me ne rimangono molti da provare.
Possiedi una spiccata vena comica: da dove ti viene?
Non saprei… Penso di esserci nato, oppure sono caduto da piccolo è questo è il risultato. Comunque mi viene tutto naturale. Forse, programmi come “Mai dire Goal” e comici come Pozzetto e De Sica mi hanno ispirato, ma credo davvero sia una dote innata.
Nonostante tutto lo sport che fai, il tuo fisico è ancora “umano”. Che ne pensi di quelli che si pompano a dismisura?
Sono scelte di vita. Personalmente, amo ottenere tutto con il duro lavoro e non con aiuti vari. Preferisco un fisico naturale e non costruito. Senza contare che molte sostanze sono dannose per l’organismo: la stessa assunzione di proteine può causare delle problematiche in alcuni soggetti. Comunque, ripeto, sono scelte personali ed ognuno è libero di scegliere cosa fare della propria vita. Personalmente, non condivido ma nemmeno giudico.
Secondo te, per qual motivo in Italia ci sono così poche donne a praticare il wrestling?
È uno sport di nicchia: già ci sono pochi uomini, figuriamoci donne! Comunque, quelle poche che ci sono, sono di altissimo livello. Basta citare Queen Maya e vedere i risultati che ottiene. Come si dice: “meglio poche ma buone”. Detto tra di noi, però, un po’ di fi** in più non guasterebbe! Nel caso qualcuna leggesse l’intervista, io la butto li: The Entertrainer sarebbe perfetto con a fianco un’accompagnatrice!
Qual è l’insegnamento più bello che tu possa impartire ad un allevo?
Renderlo cosciente dei propri limiti, dei propri mezzi e soprattutto renderlo autonomo. Trasmettergli le conoscenze necessarie per far sì che possa andare avanti ed evolversi anche senza di te.
Quali sono le doti che più apprezzi in un altro atleta?
Ammiro principalmente la forza, la volontà e il coraggio. Adoro chi è determinato e non molla mai.
C’è mai stato un episodio o un fatto che abbia cambiato radicalmente il tuo modo di pensare o abbia dato una svolta alla tua vita?
No! (risata.) Scherzo, penso che la vita sia fatta di episodi e sia in continua evoluzione e mutamento. Spesso e volentieri si riesce, col tempo, a vedere le cose da un altro punto di vista. È sempre una questione di prospettive.
E anche questa intervista è giunta al termine: c’è un frase o un aforisma che senti particolarmente importante con cui ci vorresti lasciare?
“Carpe Diem”! Può sembrare una cazzata ma ho constatato su me stesso che a volte, perdere l’attimo, fa perdere delle occasioni che poi non si ripresentano più. Credo fortemente che sia meglio avere un rimorso che un rimpianto. Quindi abbiate coraggio, rischiate e fate sempre quello che vi fa stare bene in quel momento. Le conseguenze le affronterete poi, eventualmente.
Prima di salutare, voglio prendermi una libertà e svelare un paio di retroscena sulla nostra Erika. Visto che lei svela alcune cose su di noi, io faccio lo stesso con lei!
È una donna estremante scrupolosa nel suo lavoro, anche se un tantino rompipalle: prima di mandare questa serie infinita di domande, ti contatta e fa una chiacchierata con te di circa un’oretta. Può sembrare una rottura, ma vi assicuro che aiuta davvero tanto a rispondere successivamente alle domande, e risulta anche piacevole. Inoltre ci tengo a dire che è una persona estremante gentile, disponibile, davvero di cuore e che fa molti sacrifici per seguire il wrestling italiano. Si rende disponibile ed è sempre pronta a dare una mano, anche a montare e smontare il ring, nonostante alcuni problemi fisici. Può piacere o non piacere ciò che fa o che scrive ma, comunque sia, si sbatte e cerca di dare supporto e visibilità al wrestling. Io stesso non sono d’accordo con ciò che scrive, a volte, ma penso che sia molto facile criticare da dietro una tastiera senza conoscere chi è e cosa fa una persona. Intanto, i fatti sono che lei, nel bene o nel male, prova a fare qualcosa di concreto. E voi, invece?
Grazie, grazie davvero, Alfredo! Questa non me l’aspettavo, giuro! Speriamo di intervistare anche il tuo partner di tag team, più avanti. Che la vita ti sorrida e a presto!
Erika Corvo