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La fabbrica dei campioni. Patrizia, la mamma di Akira (e non solo). Parte terza.

E adesso concentriamoci su Akira. Da dove è uscita la passione per il wrestling? Dove e quando il sogno è diventato realtà?

Come dicevo prima, i miei figli hanno tutti praticato sport fin da piccolissimi partendo con il nuoto. Purtroppo però, a parte Luca che si è sempre mostrato entusiasta e lo è tuttora nel farli, sia Fabio che Francesco ad un certo punto mi hanno detto basta, non ne volevano più sapere. Però, mentre con Fabio non ho potuto insistere perché con la scuola aveva anche iniziato a lavorare, con Francesco ho tentato altre attività dato che il suo divertimento massimo era stare davanti ad una consolle!!

Nella foto, in alto: Francesco Akira appena adolescente
Nella foto, in alto: Francesco Akira appena adolescente

Tentai col Judo sperando che vi si potesse appassionare, ma si stancò dopo poche lezioni. Nella stessa palestra praticavano anche kick boxing e decise di provare quello. Con questa attività andò avanti per un paio d’anni, ma senza particolare soddisfazione.

Era ancora il tempo in cui a casa si seguiva in televisione il wrestling americano, Smack Down in particolare, con tutto quel che ne consegue: i giochi alla Play Station erano di Smack Down e, tra fratelli, si giocava a lottare.

Un bel giorno, nell’ormai lontano 2013, Francesco mi dice che è stufo di fare kickboxing e che gli sarebbe piaciuto invece provare a fare wrestling…

“Wrestling?” pensai. “E dove la trovo una palestra vicino a noi che faccia wrestling?”

Dato che non avevo nessuna intenzione di mollare e che qualcosa avrebbe dovuto fare, mi sono messa alla ricerca dell’Unicorno e, beato internet, alla fine salta fuori che un corso di wrestling c’era, e anche vicino, in una palestra a Bergamo!

Non persi tempo! Ci presentammo là in una sera in cui facevano allenamento per dare un’occhiata all’ambiente e prendere informazioni: la palestra, il corso, l’insegnante, lo svolgimento delle lezioni…

Dopo aver guardato tutto come spettatori, alla fine della lezione, la segretaria chiamò il maestro: “Kobra, puoi venire, per favore?” (Kobra? Mamma mia, dove siamo? È un film? Siamo su Candid Camera?)

Nella foto, in alto: Kobra, un bell'uomo piazzato che incute soggezione
Nella foto, in alto: Kobra, un bell’uomo piazzato che incute soggezione

Ci venne incontro questo signore bello piazzato, con la barba, calzoncini e maglietta. Non dico che facesse proprio paura, ma quantomeno ti metteva soggezione. Ma giusto un pochino, eh?

Ci diede alcune informazioni generiche su cosa si facesse lì dentro e durante le solite domande di prassi era evidente che valutasse l’aspetto fisico di Francesco Akira che, all’epoca, era piuttosto minuto. Storse il naso ancor di più nel sapere che il ragazzo fosse ancora tredicenne. No, è ancora troppo piccolo, dai, non è possibile. Non ancora, almeno. Prima dei sedici anni non è possibile iscriversi. È una faccenda seria, si rischia di farsi male e non è una cosa per bambini.

Francesco Akira ci rimase malissimo. In modo talmente palese da intenerire non solo i Kobra ma anche i pitoni, i leoni e magari anche le tigri. E allora questo signor Kobra dall’aspetto burbero ma dal cuore tenero permise a mio figlio di fare almeno un paio di allenamenti con loro. Ma sì, dai, tanto per farlo contento, che poi lo vede da solo che è una cosa per i grandi…

See, ciao! È da settembre 2013 che Francesco Akira si è allenato regolarmente con Kobra e tutto il suo entourage, iniziando la fantastica avventura di Akira Bound for Greatness!

Nella foto, in alto: Francesco Akira con il "cattivissimo" Kobra
Nella foto, in alto: Francesco Akira con il “cattivissimo” Kobra

Si è mai lamentato che fosse troppo duro, per lui, che non si trovasse bene o che non fosse l’ambiente adatto ad un adolescente?

Non ricordo di alcun giorno in cui fosse tornato a casa deluso o scontento. Era il piccolo del gruppo, gli altri ragazzi superavano i 20 anni, ma si trovò subito bene. Ne divenne subito la mascotte, non mancò mai ad alcun allenamento né – tantomeno – a seguire i suoi compagni negli show dove doveva soltanto lavorare tra montare e smontare ring e tappetoni vari. Non si lamentò mai di dover fare, per il momento, solo tanta tanta gavetta. Direi che aveva davvero trovato la sua strada.

Il suo esordio sul ring avvenne dopo circa un anno dal suo primo allenamento, col suo vero nome: Akira. Fu in occasione di una festa di beneficienza organizzata al Palasettembre di Chiuduno dove la ICW (la sua federazione) aveva accettato di organizzare uno show il cui ricavato sarebbe stato devoluto a favore dell’Associazione Italiana Persone Down, alla quale è iscritto suo fratello. Il suo primo match fu contro Mr. Excellent, uno dei maestri storici di questa disciplina. Fu davvero bravo nel fargli mantenere la calma e dimenticare che si stessero esibendo davanti ad un pubblico. Gli fece sembrare il tutto come se fosse un normale match di allenamento.

I Wonderkids: Akira e Gravity
I Wonderkids: Akira e Gravity

Del roster ICW faceva parte un altro adolescente di solo un anno più grande di Akira, Gravity. Questo ragazzo proveniva dalla ginnastica artistica e aveva quindi sviluppato un fisico straordinariamente elastico e per lui le acrobazie erano pane quotidiano. A Kobra venne in mente di farli combattere assieme, ed ottenne la coppia perfetta: una combinazione rara per non dire unica dove i due atleti si completavano a vicenda e compivano volteggi e funambolismi mai visti prima. Non per niente li chiamarono “i Wonderkids” ed ottennero un buon successo.

Quando si è capito che Akira fosse davvero un talento? C’è stata un’occasione particolare o si è fatto in fretta a capirlo?

Ecco che il wrestling prende il sopravvento! Passa il tempo ad allenarsi sempre di più. Comincia a fare show individuali anche senza il suo compagno di coppia e a muoversi all’estero apprendendo sempre più mosse, tecniche e strategie nuove. Ma non dimentica di giocare anche a Baskin con suo fratello.

Conoscendo mio figlio, conoscendo la sua determinazione, non penso che lui si creda o si immagini più bravo degli altri. Vuole, sì, diventare il migliore, ma per sé stesso! Non per fare invidia o altro. Semplicemente perché ha deciso che questa sarà la sua strada, il suo futuro ed è perciò è necessario che lo debba fare al meglio e al più delle sue possibilità!

E a questo punto nella sua storia, iniziano a richiedere la sua presenza in spettacoli all’estero. Come l’ha presa e come l’hanno presa i suoi compagni e i suoi colleghi?

Nella foto, in alto: Erika Corvo ha sempre sostenuto che Akira avrebbe fatto strada
Nella foto, in alto: Erika Corvo ha sempre sostenuto che Akira avrebbe fatto strada

Prima del Giappone si è mosso parecchio all’estero, era anche lui a chiedere di poter andare: tutto serviva perché crescesse in esperienza. E quale miglior occasione di poter andare a lottare all’estero, dove il wrestling è più seguito rispetto che in Italia? Questo però è stato possibile grazie agli ottimi insegnamenti ricevuti qui, in Italia, dal suo terribilissimo istruttore Kobra e dai suoi compagni. Non credo ci sia invidia oggi da parte loro, anzi! Ritengo che invece si sentano tutti un po’ parte di questo evento straordinario. Il fatto che un ragazzino sia arrivato in così poco tempo ad un tale livello è sicuramente merito di un talento naturale, ma che non sarebbe potuto venire fuori senza il lavoro di una grande squadra. Ringrazio di cuore la ICW per tutto questo. Tutti a parlar male del wrestling italiano, fatto di incompetenti, megalomani, buffoni e mezzi pazzi? Beh, questa è la riprova che chi denigra il lavoro svolto dalle federazioni italiane sia davvero in errore e in malafede: Senza strutture, senza sponsor, senza mezzi, pubblicità, passaggi televisivi né altro, siamo riusciti a mandare all’estero almeno una mezza dozzina di atleti validissimi, riconosciuti ovunque per il loro talento. Uno dei tanti miracoli che succedono solo all’interno dei nostri confini. Sono del parere che questa sia un’ottima pubblicità per il wrestling italiano e che possa attirare investitori e giovani praticanti.

Che scuole ha frequentato, Akira? Ha trovato subito da lavorare o è rimasto in panchina come tanti altri ragazzi della sua età?

Dopo la scuola media Francesco ha frequentato un Istituto Professionale diplomandosi alla fine del quinquennio come perito manutentore.

Francesco Akira è un ragazzo baciato in fronte dalla Fortuna più di una volta. Il giorno dopo aver terminato gli esami di maturità è andato ad un colloquio di lavoro presso una ditta a soli due chilometri da casa, ed è stato chiamato per essere assunto appena due giorni dopo! Si è ambientato subito, il lavoro gli era congeniale e si è trovato benissimo con i colleghi. Credo che per un genitore, vedere un figlio che si diplomi, che trovi subito un lavoro inerente a quanto studiato e che si trovi bene, sia tutto quanto di meglio possa sperare.  Ma il destino gli aveva riservato ancora delle sorprese. L’avrebbero anche assunto anche a tempo indeterminato, ma…

Ma è arrivato invece l’incontro che per Akira è stato fatale: Tajiri! Com’è andata? Ce lo racconti?

Nella foto, in alto: l'incontro del destino. Akira incontra Tajiri
Nella foto, in alto: l’incontro del destino. Akira incontra Tajiri

Non saprei dirti esattamente, dovresti chiederlo a lui, so che Tajiri era ospite ad un evento dove c’era anche Francesco, e da lì, piano piano è partito tutto…. Tajiri lo voleva in Giappone! Ne parlò a casa prima di decidere anche perché c’era il problema del lavoro, era ancora con contratto a tempo determinato (tra l’altro appena rinnovato di ulteriori 6 mesi). Dunque, che fare? Bè, c’era gran poco da fare: a 19 anni un’occasione del genere non sarebbe mai più capitata. Era uno di quei treni che la vita ci fa passare davanti una volta sola. Da prendere al volo! In famiglia c’era il consenso totale. Per i suoi datori di lavoro, era un mezzo sì e un mezzo no, ovvero l’avrebbero lasciato partire conservandogli il posto, ma sarebbe stata l’unica volta: poi avrebbero preteso che al suo ritorno si dedicasse completamente al suo impiego e si togliesse certi grilli per la testa. Come ormai sapete tutti, questo non è avvenuto: è tornato in Giappone una seconda volta per tre mesi, ed ora è di nuovo laggiù…

E quali impressione gli ha lasciato, il Giappone? Cosa l’ha colpito di più? C’è qualcosa che gli è piaciuto in particolare e qualcosa d’altro che invece non gli è piaciuto affatto? Andare via per un weekend è una cosa, ma qui era molto più tempo: come se l’è cavata, con la lingua e con usi e costumi diversi dai nostri?

In questo un poco mi somiglia, è rimasto affascinato dal Giappone e dai giapponesi, dalla loro cultura e dal loro modo di vivere. A parte la difficoltà della lingua in quanto parlavano poco inglese, si è integrato abbastanza bene. Certo, ero un po’ preoccupata all’inizio: il Giappone non è proprio dietro l’angolo ma sapevo benissimo che comunque, in caso di difficoltà lo avrebbero aiutato in tutti i modi.

È tornato a casa sapendo che sarebbe tornato laggiù, o pensando che la faccenda si fosse esaurita con quel viaggio? Se l’è mai tirata per aver avuto questa opportunità o è sempre rimasto coi piedi per terra?

Nella foto, in alto: Time to go to Japan
Nella foto, in alto: Time to go to Japan

È tornato sapendo che molto probabilmente sarebbe ripartito. Anche se abbandonare il suo Paese tutto sommato gli dispiaceva, al rientro è andato a salutare i suoi ex colleghi di lavoro dicendo che la sua vita sarebbe stata altrove, lontano da loro e dall’Italia.

Quando ha la possibilità di ritornare a casa, non solo prosegue i suoi allenamenti, ma inizia anche ad insegnare quello che impara nella terra del Sol Levante.

Hai mai paventato si potesse far male seriamente?

Sempre! Anche in Giappone si fece male ad un ginocchio e dovette stare fermo qualche giorno. Quello che mi rassicura è la serietà con cui fanno gli allenamenti imparando a muoversi nel modo corretto. Questo è importante da sottolineare:

affidarsi sempre a istruttori qualificati che pratichino per passione: solo allora sei abbastanza tranquillo!

Pensi possa e voglia proseguire in serenità o che tra qualche anno si dedichi più alle ragazze che al wrestling?

Come ho già più volte detto, ha scelto questa strada come professione, e come tale la sta vivendo. Tra qualche anno, quel che sarà sarà, insomma, saprà lui cosa farne della sua vita.

Il secondo viaggio? È stato Tajiri a chiedergli di tornare o qualche altro membro della federazione? Hai parlato personalmente con loro o è lo stesso Akira a condurre eventuali trattative?

No, la richiesta arriva sempre dalla federazione giapponese, la AJPW (ALL JAPAN PRO WRESTLING, e Akira si adegua.

In famiglia, che ne pensate di tutto questo?

Ovviamente siamo tutti molto orgogliosi. Luca Yutaka stravede per suo fratello. Quando è via lo chiama tutte le mattine via Whatsapp, lo segue poi sulla TV giapponese e vede tutti i suoi show mandandogli i relativi commenti.

Come funziona, da loro, il wrestling? È considerato solo uno sport o un vero lavoro e ci si riesce a mangiare?

Sembra proprio di sì. È un lavoro vero, serio, ci si possono mantenere. La squadra di cui fa parte Francesco vive solo di wrestling.

Tu, come lo vedi, questo sport? Uno sport come un altro o qualcosa di profondamente diverso in quanto la metà è puro intrattenimento?

Ho imparato a conoscerlo meglio grazie appunto a Francesco. È uno sport bellissimo, e dico sport perché gli allenamenti sono molto intensi e richiedono un lavoro duro e costante se vuoi diventare bravo. Non è solo intrattenimento, quando vedi match di un certo livello te ne accorgi in fretta. A livello individuale, ti permette di accrescere notevolmente l’autostima e se il gruppo è un buon gruppo, ti fa stare bene.

Tu, da mamma, come pensi che si possa evolvere, la situazione? Cosa sogni per il suo avvenire?

Ormai non è un sogno ma una certezza: cioè che lui realizzerà i suoi e, credetemi, ci riuscirà!

In definitiva, come ci si sente ad aver generato due campioni?

Io, veramente, ne ho generati tre, di campioni. E non solo nello sport: i miei figli sono davvero campioni di vita e non potrei essere più orgogliosa di loro.

Che cosa vorresti dire a qualsiasi mamma che si senta chiedere da un figlio di voler frequentare un corso di wrestling?

Di farglielo fare, di assecondare questo desiderio perché davvero merita, indipendentemente da quello che ne verrà in futuro!

Grazie, Patrizia! Speriamo che quello che hai detto possa essere utile ad altre mamme e ad altri ragazzi! Un bacio!

 Erika Corvo

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