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Jeet kune do. Una disciplina marziale “personale”

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Il Jeet kune do è un’arte marziale cinese. Il suo fondatore? Il celeberrimo Bruce Lee che nei suoi film, di questa disciplina, ne fa gran tesoro. Prima di concretare il Jeet kune do, il celebrato artista marziale era praticante di Wing Chun. Ma non era a trecentosessanta gradi appagato. Anzi, era abbracciato da una certa insoddisfazione, dovuta alla sensazione che il suo sistema di combattimento fosse incompleto. Bruce Lee non era un violento. Era, infatti, solo interessato all’aspetto difensivo del combattimento. Non a quello dell’attacco. Presto,  così, pensò di sviluppare un sistema di combattimento che potesse adattarsi alle esigenze di ogni individuo. Secondo il suo pensiero, un praticante deve apprendere diverse arti marziali per trarne da queste solo quelle tecniche che funzionano meglio per  le proprie esigenze e peculiarità. Per questo motivo il Jeet kune do viene “catalogato” come arte marziale eclettica. Perché alcune arti marziali vengono dette “eclettiche”? Perche peculiari. Insolite. Si ispirano a vari stili diversi. Estrapolando il meglio da ognuno. Difatti, il maestro e attore Bruce Lee, l’ideatore del Jeet kune do, ha per anni ha scelto e selezionato fra tutte le tecniche e i movimenti a disposizione nelle più disparate arti, per giungere a concepire un sistema che includesse solo i movimenti, le tecniche più efficaci. Il Jeet kune do è definito “la via della non via”. Cosa significa? Innanzitutto, che non è  un sistema. Cioè, non indica a una persona cosa deve fare. Lee sosteneva che questo sarebbe stato troppo limitante. La cosa bella, altresì,  è il contrario. Non è l’uomo che si deve adattare a un sistema rigido. Di contro, è il sistema che deve adattarsi all’uomo. Come per la maggior parte delle arti marziali, il Jeet kune do è un processo di scoperta interiore. Il maestro Lee, ancora, sosteneva che non si devono aspettare le nozioni del maestro… non si andrebbe lontano! Ma, è il praticante stesso a disvelare la conoscenza. Il Jeet kune do è  un approccio al combattimento vivo e fluido. Che cambia e si adatta ed è sempre in divenire. Sempre secondo Bruce Lee, il marzialista dovrebbe assimilare ciò  che è utile e rifiutare ciò  che è di troppo. Perciò inutile. E, aggiungere ciò che è personale. Questo è il cuore del Jeet  kune do. Questo non vuol dire che il Jeet kune do non abbia insegnamenti. Alcuni principi di base riassumono l’essenza del Jeet kune do, anche se perfino questi principi fondamentali possono essere trascurati, se necessario,  per sconfiggere  l’avversario. In poche parole: bisogna sempre conservare il centro, la tecnica deve fluire in modo ritmico e si deve reagire e adattare le proprie tecniche all’attacco dell’antagonista. Esiste un programma nel Jeet kune do, redatto da Lee. I punti fondamentali? Calci e pugni di base. Spostamento del peso. Schivare parare, neutralizzare, intercettare e dirottare l’attacco dell’avversario. Finte. Prese. Non fare capire all’avversario il movimento da effettuare.  Strategie d’attacco e di  difesa. Teoria del movimento indipendente (ogni parte del corpo si muove separatamente).  Tecniche di immobilizzazione e imtrappolamento. Cosa importante. È  meglio arrivare a padroneggiare almeno un’arte marziale tradizionale, prima di cercare si creare un proprio stile. Il Karate è  perfetto, per esempio, perché è una disciplina seria ed efficace. Bruce Lee famoso in tutto il mondo per aver fatto conoscere il  Kung fu agli americani  e al resto del mondo. Concepì il Jeet kune do come disciplina che aiutasse  le persone a liberarsi delle arti marziali tradizionali e classiche, da lui definite  “un casino”. Il Jeet kune do  è  efficacissimo. Bruce Lee ne ha data un’ampia dimostrazione. Una bella riflessione sulla scia di alcune parole di Bruce Lee: “Impara il principio,  segui il principio, dissolvi il principio”.

Giuliano Regiroli

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