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Amazônia di Sebastião Salgado. Viaggio in un mondo da proteggere 

Sette anni di vento, piogge. Sette anni di ascolto, della natura e delle genti. Sette anni di spedizioni fotografiche hanno permesso a Sebastião Salgado la realizzazione di una delle sue mostre più coinvolgenti: Amazônia.

Nella foto, in alto: Gruppo di palme specchiate nelle acque del fiume Jaù. Stato di Amazonas, 2019.

L’esposizione, curata da Lélia Wanick Salgado e ospitata alla Fabbrica del Vapore di Milano dal 12 maggio al 19 novembre 2023, presenta il cuore di una foresta ancora a tratti imponente, ma più fragile che mai. Con una tecnica impensabile per ritrarre il trionfo di una natura selvaggia: il bianco e nero. Eppure, Salgado riesce a farci vedere i colori, le sfumature, i toni più brillanti. Riesce a farci percepire, nei suoi riflessi, il vibrare dell’acqua, il fruscio delle foglie, lo scorrere delle nuvole, ora lento, ora impetuoso. Riesce a farci sentire i suoni della foresta, i versi degli animali, anche grazie alla traccia audio composta appositamente dal musicista francese Jean-Michel Jarre. 

L’obiettivo di far sentire il visitatore integrato con la vegetazione e la vita quotidiana delle popolazioni native è pienamente raggiunto. Le oltre 200 fotografie e l’allestimento immersivo rapiscono e catturano i sensi. Un percorso attraverso una natura potente si snoda lungo la sala. Dalle vedute aeree, che permettono di spaziare con lo sguardo su distese che atterriscono, ai fiumi volanti, curiosa peculiarità dell’Amazzonia. Dalle montagne, imponenti e avvolte in giochi di nebbia, alla foresta, fitta, viva, ammaliante. Fino ad arrivare alle Anavilhanas, le Isole nella Corrente, che delineano forme inimmaginabili in acque scure e profonde.

Nella foto, in alto: Un indigeno crea ornamenti di piume. Stato di Acre, 2016

Largo spazio è dedicato ai popoli indigeni, custodi dell’Amazzonia. Sguardi penetranti incontrano il visitatore e narrano vicende. Corpi imponenti nella loro nudità, vissuta con naturalezza, riportano tradizioni secolari. Si possono quasi sentire le lingue, immaginare le storie. Donne e uomini, bambine e bambini colti nella vita quotidiana, intenti al lavoro o alla caccia. Immagini catturate in un momento di gioco. Attimi di vita insieme. Attimi di solitudine. Ogni istante dispiega infinite narrazioni.

Nella foto, in alto: Abitante del villaggio di Amparo. Stato di Acre, 2016

Molte le tribù, ognuna connotata da usi e costumi differenti. In comune, troppo spesso, abusi ed emarginazione da parte di chi, estraneo al loro mondo, ha fatto prevalere la sopraffazione. Gli stessi soprusi che, quotidianamente, vengono perpetrati a danno della Foresta. Ai capi tribù Salgãdo dà voce, proprio sulla questione ambientale. Nei loro interventi, effettuati nelle lingue natie, la preoccupazione per il futuro della loro terra. Il dolore per le ferite costantemente inferte. Ma anche il coraggio di battersi fino alla morte e una speranza, ancora viva, di salvezza. 

Una natura primitiva sopravvive, per quanto violata. L’auspicio è che, un giorno, non diventi solo un ricordo.

Luana Vizzini

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