Se Dante esistesse ancora li assegnerebbe al girone più basso e più angusto degli inferi, o molto probabilmente, o quasi sicuramente li condannerebbe per l’eternità al diaccio del gelido “Cocito”, uno dei luoghi più tremendi dell’inferno dantesco. Sarebbe stato nel vertice del cono rovesciato il loro destino. “Ma di chi si parla?”, viene naturale chiedersi. “Dei lussuriosi anni ‘10 (sono chiamati così gli anni che vanno dal 2010 al 2019 incluso, ndr.)”, viene automatico rispondere. E chi sono? Che cosa fanno? Dove si incontrano? A che pro? Sono gli amanti delle ammucchiate (per usare un eufemismo) ma meglio dir sarebbe delle orge… credono nell’amore di gruppo e qualcuno persino nella “filosofia nel Boudoir” del buon De Sade. E i loro ritrovi? Dove si radunano? Negli ormai noti e arcinoti “Club Privè” (quanta pubblicità sui quotidiani!) che si sono espansi a dismisura, negli ultimi anni, nelle nostre megalopoli. Il motivo di questo “divertimento”? Che cosa spinge questa gente? Sicuramente l’incapacità di comunicare e di conseguenza di amare. E di essere amati. Oltre la perdita degli ultimi superstiti valori morali. Che triste realtà! È incredibile! Stupefacente! C’è da rimanere basiti. A dir poco, allibiti. Ancor peggio, questo genere di locale sta prendendo piede addirittura tra i giovani. E la già tanto chiacchierata malattia dei nostri secoli moderni, conosciuta più comunemente col nome di AIDS? Ora ha i suoi templi. Ma, a quanto pare, nessuno la teme. O, forse, catturati dal vortice impetuoso del vizio nessuno, a torto, la pensa. All’opposto. Quel tipo di gente sembra quasi stimolata alla sola idea di sfidarla. Non proprio tutti però… Qualcuno spera, è fatalista. Che gioco rischioso! Demenziale!
È una tendina che fa capolino sulle strade, perlopiù periferiche, delle nostre città a contraddistinguerli. Una tendina bombata, per l’appunto. Può essere nera. Può essere rossa, o gialla. Ma si solito è bianca. Scocca la mezzanotte. Ora clou. E i Club Privè sono presi d’assalto. Che perversione! Questi ritrovi, oggi, sembrano fare gran tendenza. Ma si spera siano soltanto un fulmine a ciel sereno. Quanta gente! Quanta insoddisfazione! Non mancano nemmeno i viziosi di provincia. Anzi, questi forse superano i metropolitani. La via è secondaria ma l’andirivieni è da corso centrale. Una coppia dopo l’altra e qualche singolo di contorno si avvicinano all’entrata, con larga discrezione. Un uomo in smoking e papillon, con lo sguardo serio, è lì ad attenderli. Un buonasera e le solite domande di routine: “È la prima volta che venite? Conoscete come funziona il locale?”. E poi, ancora, rivolto ai singoli: “La coppia paga solo la consumazione. Il singolo centocinquanta euro, lo sapete?”. Nessuno pare far difficoltà, nonostante la cifra esorbitante. Nessuno si scompone. Tutti entrano. Il più sono soci, hanno la tessera. Ma una tessera intestata a un “circolo culturale” e non al club. Quanta polvere negli occhi! Povera cultura! Gli altri sono infiltrati. Qualche curioso. Subito evidenziato e mal guardato. Qualche voyeur occasionale. E, probabilmente, anche qualche spacciatore. Per non dover venir meno al solito binomio: droga-sesso. Ci mancava solo questo! Il Club, a tutta prima, ci appare come una normale discoteca. Di quelle molto chic, però. La musica è la solita. Un po’ di disco. Qualche ballo lento. A volte, un po’ di rock. La musica non si ripete mai. È sempre diversa. Ma, a conferma della regola c’è sempre un’eccezione… in questo caso c’è Dalla, con il suo attenti al lupo! Forse perché un po’ allusiva e quindi ben abbinata al locale? E poi? Il dopo è indubbiamente tutto un programma…
Un brivido imprevisto. Abbiamo scorto una sala. E, ancora, un’altra. L’entrata è ambigua. Mascherata da listarelle in velluto che scendono verticalmente dall’alto verso il basso. La luce è fioca. Quasi manca. Non si vede ma… si intravede. La gente entra e scompare nell’ombra. Qualcuno esce ma il più resta. La musica in questo spazio assurdo si è trasformata. È molto soft. In punta di piedi, è giunta la mattina. Sono le due, ma nessuno sembra accorgersene. L’atmosfera è diventata invivibile. Non si respira pressappoco più. Finanche, l’aria qui è viziata! Vedere per credere! Anzi, meglio non vedere. Non ci si può immaginare tanto… nemmeno se lo si è letto, o sentito raccontare. Bisogna dirlo. Non è retorica. Qui la realtà supera davvero l’immaginazione! Calze autoreggenti e guepiere da dozzina sono gli unici indumenti ammessi. Ma solo per il tempo limitato di qualche accennato preliminare di rito. Ed è nude look! Gemiti, sussurri, insulti, percosse urla… che bolgia! Siamo all’inferno. Non c’è equivoco. Chi sui divani (raggruppati a grappoli). Chi ammucchiati su un gigantesco lettone matrimoniale (in un minimo di dieci). Chi in piedi. Chi seduti sui candidi divanetti in similpelle di fronte a un mega porno video, dove scorrono, non-stop, immagini assurde ed esasperate. In questa location tutto sa di vizio. Il pavimento è sdrucciolevole. È viziato anche quello. A spostarsi si rischiano le caviglie. Le sei sono sopraggiunte. Siamo agli albori. Finalmente! Il locale chiude. Gli ultimi avventori escono. Tutto tace, sino all’indomani. Ma che mondo! Speriamo migliori. Evviva i fidanzatini di Peynet! E l’amore vero.
Thomas Tolin