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E così, anche Joan Baez abbandona le scene

E così, dopo Paul Simon, Elton John e tanti alti, anche la mitica Joan Baez, ormai settantenne, abbandona le scene. Questo ci induce a delle riflessioni dal sapore dolceamaro, a tirare le somme di quello che è stato, a constatare la fine di un’epoca straordinaria in cui è successo di tutto e il mondo è cambiato.

Ci sono periodi in cui non succede assolutamente niente per anni e anni, secoli e secoli. E poi succede tutto all’improvviso. Nessuno sa come, nessuno sa perché, però succede. Prendete l’antica Grecia: nel giro di un centinaio di anni sono nati i più grandi filosofi della Storia intera. Platone, Socrate, Aristotele… Tutti nello stesso posto, tutti nello stesso periodo. Un grumo di luce nel buio dell’ignoranza più totale. Poi più nulla, se non perle sparse in tutto il resto dello scorrere del tempo.

Nella foto, in alto: il massimo dell'espressione musicale, una volta
Nella foto, in alto: il massimo dell’espressione musicale, una volta

Prendete la musica: tre o quattrocento anni fa qualcuno suonava il pianoforte, qualcuno l’arpa, qualcun altro il violino. Cani sciolti che a volte si univano in terzetti o quartetti, di solito gruppi familiari che suonavano nelle feste private, nei salotti, durante gli eventi. Poi arriva qualcuno e mette insieme un’orchestra sinfonica quando un violoncello, un piano e un violino insieme sembravano già il massimo.

Nella foto, in alto:
Nella foto, in alto: Arturo Toscanini

E ad un tratto arrivano tutti: Mozart, Bach, Beethoven, Chopin, Brahms, Debussy, Verdi, Vivaldi, Toscanini. Anche loro, tutti in una ristretta cerchia di territorio in Europa, tutti nello spazio di un paio di centinaia d’anni. Orchestre di decine e decine di elementi hanno suonato all’unisono diretti da maestri e autori geniali. Fiati, corde, percussioni, ottoni. Dal trombone al triangolo. Un universo di note immortali in un mondo dove finora regnava il silenzio.

Nella foto, in alto: più che una crinolina sembrava un ponteggio della Dalmine
Nella foto, in alto: più che una crinolina sembrava un ponteggio della Dalmine

Stranamente, ad un certo punto la musica sinfonica, non potendo evolversi ancora si è involuta nell’opera, poi nell’operetta e infine nella canzonetta di musica “leggera”. Un po’ come gli abiti da donna, che da elaborati, complicati e oggetti di status symbol, con quelle gonne più simili ad impalcature e ponteggi degni della Dalmine che ad indumenti da indossare, si sono andati via via semplificando. Durante l’ultima guerra abbiamo visto l’abbigliamento ridursi al minimo e senza tante distinzioni di classe, dove jeans e maglietta vanno bene per i presidenti come per i poveracci, per gli uomini e per le donne.

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Nella foto in alto, i Beatles

Durante il periodo post-bellico, ecco che la musica torna in un’altra esplosione di genialità e di inventiva. Abbandonati ottoni e violini si riparte ridotti all’osso, ma con una creatività, una fantasia e un caleidoscopio di stili diversi incredibile. Anche questa volta, tutti nello stesso secolo, tutti negli stessi luoghi. Due luoghi, principalmente: Inghilterra e States. Due chitarre, un basso, una batteria e un carisma tremendo. Si chiamavano Beatles, si chiamavano Rolling Stones. Ma questi signori non hanno fatto la storia della musica. Hanno fatto la storia. Una rivoluzione non solo musicale: era tutta la società che cambiava. E qualcuno ha avuto il grandissimo privilegio di potere assistere dal vivo ad un cambiamento epocale. La guerra del Vietnam è stata la scintilla che ha provocato l’esplosione inarrestabile di poesie musicali capaci di cambiare il pensiero della gente comune, capaci di cambiare la vita, l’abbigliamento, le convenzioni, l’etichetta, il modo di amarsi, il modo di concepire l’essenza stessa della vita.

Nella foto, in alto: i Rolling Stones
Nella foto, in alto: i Rolling Stones

Siamo passati dai negri che dovevano sedere in fondo al bus a Barak Obama presidente degli States nel giro di mezzo secolo. Potremmo perfino affermare che, per la gente di colore, ha potuto più la musica degli anni sessanta che la guerra di secessione. Pink Floyd, Genesis, Jethro Tull, Deep Purple, Led Zeppelin, Emerson Lake and Palmer, Queen, Elvis Presley, Michael Jackson, Cream, King Crimson, Elton John, Simon e Grafunkel, Eric Clapton, Sting, Rod Stewart, e poi i Metallica, gli AC/DC, gli Scorpions, i Motorhead passando per i Kiss e gli Slade… Se li elencassimo tutti non basterebbero le Pagine Gialle. I nostri genitori dicevano che era solo rumore, che era la musica dei drogati, che sarebbe durata poco, ma non gli abbiamo mai creduto. Sono ancora lì, sono diventati delle icone, e anche stavolta è stato un cambiamento epocale. Noi c’eravamo, abbiamo avuto questo privilegio. Dalla fine degli anni cinquanta alla fine degli anni ottanta è stata un’esplosione di creatività mai vista prima. Tutto quello che è nato in quell’epoca era oro puro, dalla sigla di Goldrake ai Cugini di Campagna. Nel piccolo e nel grande schermo, da “Ritorno al Futuro” a “Teminator” e da “Holly e Benji” ad “Hazard”, da Hulk Hogan a Magnum P.I.

Purtroppo, tutto questo è arrivato al termine. È la fine di un’epoca, credetemi. Tutti questi nomi citati finora non anno lasciato eredi. Ad uno ad uno stanno abbandonando le scene. Sono tutti settantenni, stanno facendo il tour d’addio e qualcuno ci ha già lasciato per sempre. Non c’è più niente alla loro altezza. È finita, facciamocene una ragione. Un giorno arriverà una nuova luce, una nuova corrente di pensiero, una nuova rivoluzione. Un giorno. Un giorno. Fino ad allora, di nuovo il buio. Arriveremo al nostro ultimo respiro con la consapevolezza di avere vissuto un periodo bellissimo, irripetibile, che i “duemila” nemmeno si sognano. Ce ne andremo col sorriso sulle labbra e abiteremo nello stesso paradiso in cui quella povera anima infelice di Michael Jackson continua a scrivere nuovi pezzi mentre Bo e Luke sgommano ancora a bordo del Generale Lee. E se mai vi manderemo una cartolina da lassù, Erika Corvo spera di firmarla insieme ad Eddie Guerrero.

 

                                                                                                                                                                   Erika Corvo

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