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Conosciamo la nostra Erika Corvo. La controintervista. (Parte seconda)

Eccovi la seconda parte della controintervista alla nostra Erika Corvo, inviata per il wrestling italiano, con i nostri migliori auguri di un buonissimo 2017!

Da Claudio Delia: Qual è stato lo show italiano che ti ha fatto innamorare di questo sport tanto da renderti un’assidua frequentatrice di show live?

Credo sia ormai chiaro a tutti che il wrestling internazionale fosse già per me anima e respiro. A vedere i ragazzi italiani ci ero andata con una grandissima curiosità, per vedere a che livello fossero, cosa combinassero in bene e in male, chi fossero… Le prime volte mi ero divertita molto. Non ero rimasta particolarmente colpita dalle prestazioni, diciamo che lo show era nel suo insieme molto italicamente maccheronico, ma comunque godibile. Ma l’Italia non ha una tradizione storica di lotta come possono averla in Messico con la Lucha Libre o in Giappone col Puroresu! Come si può pretendere che in un paio di decenni si possano recuperare centinaia di anni di tradizioni marziali? Dateci tempo, accidenti!

L’evento che mi ha fatto davvero innamorare è stato l’esordio della MAW ad Almenno a metà settembre di quest’anno: match velocissimi, scattanti, senza respiro, una mossa dietro l’altra, acrobazie strabilianti, e go, go, go, go… Ricordate la vecchia TNA del 2007 e dintorni? Quella dove dicevano “Poche parole e tante mazzate”? Quella dove ogni match era senza respiro, un fuoco di fila di mosse e contromosse? Bene, QUEL WRESTLING è tornato! È qui, è in Italia, è meraviglioso, è quello degli esordi di AJ Styles, dei Motorcity Machine Gun, Jerry Lynn, Chris Daniels, Eric Young e Bobby Roode. Quello è il wrestling che amo da morire, quello che ti fa saltare sulla sedia e urlare il nome del tuo preferito fino a restare senza fiato! Se volete innamorarvi anche voi, non perdetevi il loro prossimo show.

Nella foto, in alto: I Motorcity Machine Gun
Nella foto, in alto: I Motorcity Machine Gun, agili, velocissimi e scattanti.

Da Carlo Birra: Cosa provi quando assisti ad uno show di wrestling?

È la gioia allo stato puro, il suono del sangue che scorre nelle vene, l’urlo che ti si forma in gola, l’anima che si espande, elettricità wireless. È divertimento, passione, musica, costumi, scena, carisma, recita, storyline, realtà e finzione fuse in un mix esplosivo. Non un semplice parlare di azione ma lanciare in aria tutta la battaglia, è il cinema senza cinema… non esiste nessun altro sport e nessun altro spettacolo in grado di darti tutto questo.

Da Claudio Delia e Alfredo Quillici: quali sono stati i 3 match che ti hanno più emozionato, spaventato e divertito?

Emozionato: la prima volta che ho visto TG fare sul serio, nel match contro Icarus e Miso Mijatovič il 3 luglio ad Almenno. Quella volta, ricordo benissimo, ho pensato a come avessi fatto a sprecare dieci anni a guardare in tv le gesta del raccomandatissimo quanto inutile Randy Orton quando a due passi da Milano esisteva The Greatest. Ho visto più mosse spettacolari in quei pochi minuti di match che in un’intera stagione di WWE.

Spaventato: Sempre The Greatest, il 3 dicembre ad Almenno contro Marcio Silva quando è caduto male. Ho avuto davvero paura che la faccenda fosse seria.

Divertito: I Wonderkids il 29 ottobre sempre ad Almenno, prima il match tra Akira e Gravity uno contro l’altro e, successivamente, nella stessa sera, i due in tag team contro i 2 Unlimited. Indimenticabili. Quei due ragazzini faranno strada!

Nella foto, in alto: i Wonderkids e i 2 Unlimited
Nella foto, in alto: i Wonderkids e i 2 Unlimited

Da Luca Arosio: cosa ti spinge ad essere così interessata al panorama a 360 gradi?

La curiosità, ovviamente, e l’infinita fame di ring. Ma se prima era solo un piacere, ora che gestisco la pagina di Wrestling Italia su Mondomarziale, diventa anche un dovere guardarmi in giro e dare un’occhiata a tutte le federazioni e ai tutti gli show che posso raggiungere. Peccato che il mio lavoro giornalistico non sia retribuito, altrimenti non avrei bisogno di chiedere passaggi a tutti e potrei vedere tanti spettacoli in più, anche più lontani. Viaggio, imparo, conosco persone, faccio domande, interviste, acquisto “figlioli” nuovi… che ci può essere, di più bello, quando quello che fai è quello che ami fare? Non mi importa di essere pagata o no. Lo farei anche se dovessi essere io, a pagare. Per me rimane sempre un privilegio, poter scrivere di voi.

Da Gabriele Ciarla: Cosa ti spinge a fare centinaia di chilometri per questi atleti ?

Da Marco Folloni: dove trovi tutto questo entusiasmo?

La gente “passa il tempo”. Come disse il Dalai Lama, vivono come se non dovessero mai morire e muoiono come se non fossero mai vissuti. Ecco, c’è gente che va dall’altro lato del pianeta durante le ferie per fare quello che, tutto sommato, potrebbe fare anche a due passi da casa: nuotare, passeggiare, sciare, mangiare cose genuine e dormire fino a tardi. Ma non è che vanno in Norvegia, a Sharm el Sheik o a Barcellona perché sono appassionati di quei luoghi: ci vanno solo per passare il tempo. Io non ho più tempo da sprecare. Voglio dedicarmi a quello che sono le mie passioni al massimo delle mie possibilità. Ho fatto pane e due mariti e due figli, sono stata una brava moglie e una brava mamma. Adesso, il tempo che mi rimane è mio! Sono vecchia, e tra pochi anni forse sarà tutto finito. Quello che voglio fare, che voglio vedere, lo devo fare ora. Le persone che voglio incontrare, le devo vedere adesso. Dopo, sarà troppo tardi. Per questo mi godo ogni match, ogni istante, ogni cosa, come se potesse essere l’ultima volta.

Da Vanessa di Giovanni: Come ti vedi fra dieci anni?

Spero tanto ancora sufficientemente in salute da poter essere autonoma e muovermi come e meglio di quanto non faccia ora. Magari riesco a rifarmi una macchina e allora sarei io a dare passaggi a tutti. Se fossi in sedia a rotelle, mi vedrei ancora bene a bordo ring, a strillare e prendere appunti per interviste e report. Se fossi già morta, qualcuno mi infili nella bara l’action figure di Eddie e fatemi cremare.

Da Luca Arosio: Saliresti mai sul ring in ruoli come announcer, per esempio?

Altroché, se ci salirei! Te la immagini una ring announcer volutamente di parte, che annuncia il bravissimo XX e quel cretino di XY? Che quando arrivano sul ring fa le coccole a quello che le piace e tira calci negli stinchi all’altro che le sta antipatico?

 Ma anche per qualche storyline stravagante Ad esempio, la mamma scassamarroni di qualche giovane atleta, che arriva sul più bello a rompere le scatole. Una volta perché non ha messo la maglia di lana sotto l’attire, un’altra volta perché non ha preso le vitamine o l’olio di ricino, poi perché va con le donnacce dopo i match invece di tornare a casa, o arriva con la sveglia in mano a dirgli di mollare tutto e trascinarlo fuori dal ring perché domani deve alzarsi presto. Naturalmente l’avversario beneficerebbe di queste interruzioni demenziali. Se mi malmenassero troppo il figliolo, però, sarei sempre pronta a intervenire in soccorso e bodyslammare l’avversario a sorpresa. Potrei fare la strega e scagliare maledizioni contro qualcuno per farlo perdere in modo magico e misterioso o, al contrario, la fata buona. Ogni tanto sarebbe il figliolo o l’avversario a impedirmi di scassare la cippa facendomi una deliziosa stunner e buttandomi fuori a pedate.

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Nella foto, in alto: La maglia della salute che Erika vorrebbe utilizzare in qualche gag

Da Eugenia Guerrieri: Come vorresti che fosse la tua entrata in scena?

 Mah, nel ruolo della mamma rompiballe sarebbe carino arrivare con la entry music della Morte Nera di Guerre Stellari.

Da Gravity: cosa ne pensi del wrestling italiano?

Da Ugo Telloli: Ugo Telloli: Dal tuo punto di vista, il wrestling va bene, in Italia?

E Da Andrea Duca (Black Ice): pensi che il prowrestling italiano prima o poi potrà avere una solida base credibile nel resto del mondo?

Approfitto di queste domande per una piccola digressione. L’Italia non ha uno storico di lotta. In Giappone, i monaci dovevano difendere sé stessi e i contadini a mani nude contro i vari tiranni, e del combattimento a corpo libero ne hanno fatto un’arte dalle origini antichissime. In America (States o Messico), lo storico è nato solo con l’arrivo dei bianchi. Tutti armati fino ai denti e con la pistola facile, per le cose gravi ricorrevano ai duelli e si sparavano allegramente. Per le cose lievi, si faceva cerchio attorno ai due litiganti e le faccende si risolvevano a pugni, calci e prese di lotta anche inventate lì per lì. Nelle fiere c’erano omoni muscolosi che sfidavano gli astanti a batterli in gare di lotta. La prima chokeslam di cui si ha notizia, pensate un po’, è stata eseguita nientemeno che da Abraham Lincoln quando ancora non era presidente ma solo un ragazzone alto e forte. Il futuro presidente lavorava per un falegname e spaccava legna tutto il giorno. Il capo, avendo notato la sua grande forza, lo incitava a combattere e scommetteva su di lui durante le gare di lotta nelle fiere. Durante uno di questo match, l’avversario giocò parecchio scorretto continuando a pestargli i piedi e buttandosi a terra per non farsi colpire. Lincoln lo tirò su di peso per la gola, e voilà, chokeslam e vinse l’incontro. Il primo match Heel vs Face.

Nella foto, in alto: Abraham Lincoln ritratto in veste di wrestler in un disegno dell'epoca
Nella foto, in alto: Abraham Lincoln ritratto in veste di wrestler in un disegno dell’epoca 

In Italia abbiamo subìto dominazioni straniere fino al due generazioni fa, e con gli austriaci, i Borboni, i Savoia o i francesi, mica ci potevi fare a pugni, per mandarli via! Qui ci volevano i fucili di Garibaldi o le sommosse popolari a suon di sassate e forconi. Qui nessuno ha mai fatto a pugni o ha lottato in mezzo alla strada. Nemmeno i mafiosi: ti sparano o ti fanno sparire. Come volete che tutto ad un tratto, perché abbiamo visto Dan Peterson in tv col Catch, tutti diventiamo campioni di lotta? Non abbiamo maestri, non abbiamo scuole, la cultura calcistica ci è ostile, non ci sono palestre in cui piazzare i nostri ring, e i nostri atleti migliori sono quelli che hanno i soldi e la fortuna di poter andare a imparare all’estero. E allora? Allora, per favore, piantatela di dire che tizio è scemo e io sono intelligente, tizio è una schiappa e io sono campione, perché qua SIAMO TUTTI SCHIAPPE, confronto a quello che c’è all’estero. Un passettino indietro e un bagnetto di umiltà farebbe solo bene a molti. C’è ovviamente chi è un po’ più avanti di altri, ma ce ne vorrà tanto, ancora, qui, di sudore e di fatica, per raggiungere determinati livelli. I migliori, qui, hanno imparato vent’anni fa. All’estero, invece, ci sono figli e nipoti d’arte. Dinastie intere! Come possiamo competere? Qui abbiamo pochi diamanti in una spiaggia di vetri colorati. Miglioreremo tutti, non c’è dubbio. Ma se mettessimo tutti da parte stupide rivalità, invidie, vanaglorie e cattiverie belle e buone, se ci si aiutasse a vicenda a migliorare, sarebbe un grandissimo passo avanti. C’è di buono che l’inventiva italiana e la nostra arte di arrangiarsi non hanno uguali nel mondo. Ogni tanto nasce un fuoriclasse. Infatti conosco un ragazzo che si è “inventato” un ring fatto di tubi di ponteggi e materassi vecchi costruito in mezzo alla campagna e, senza l’aiuto di nessuno, si è rivelato da subito un atleta fenomenale e fuori da ogni schema. Lo prendete in giro perché non ha iniziato in una scuola? Beh, allora vi ricordo che nonostante tutte le scuole di calcio che ci sono al mondo, i VERI campioni, i migliori di tutti i tempi, li vanno a prendere nelle favelas, e si chiamano Pelè, Maradona, Romario, Ronaldo e Ronaldinho. Grazie al cielo, qualcuno ha acchiappato il nostro fenomeno e lo ha portato ad allenarsi seriamente. Salvo fargli passare la voglia quando si è reso conto del vespaio in cui si era ficcato. Ci siamo giocati un fenomeno.

Nella foto, in alto, un ring in mezzo alle cicale
Nella foto, in alto: un ring da backyarder in piena campagna, in mezzo alle cicale

 

Da Fabio Tornaghi: cosa pensi manchi alla scena italiana per avere un pubblico paragonabile a quello straniero?

 Passaggi televisivi. Purtroppo, questo è un paese di imbecilli dove se vai in tv sei fiko. Basti dire a quanta gente che è venuta a leccarmi, sì, a me, dopo ogni apparizione televisiva, io che proprio fika non lo sono nemmeno se vi calate di allucinogeni. O basta far notare che Barbara D’Urso stia vendendo i suoi libri, che Arisa sia reputata una brava cantante e che la Democrazia Cristiana abbia governato vent’anni… tutta pubblicità. Basterebbe una campagna pubblicitaria fatta bene. UNA!

Da Andrea Duca e Marco Folloni: tra federazioni italiane ancora oggi ci si tirano ingiurie di ogni tipo. Se fosse in tuo potere come faresti finire questo malcostume?

Una sola associazione che riunisca tutte le federazioni, con regole semplici ma da rispettare per tutti. Tre categorie: per bambini, per adulti, hardcore. C’è posto e c’è pubblico per tutti. Ma se vuoi fare wrestling, devi associarti e rispettare le regole.

Primo: vietato parlare male di chiunque altro, in pubblico. Tutti gli studenti prendono in giro i maestri di scuola. Ma finché lo fanno in privato e non sorpassano un certo limite di decenza, ve bene, passi. Fa parte del gioco! Certo che se uno studente scrive sulla lavagna “il prof è un pirla”, finisce in direzione, lo sospendono e perde l’anno.

Tutti sparlano del capoufficio, ma se pubblicano su Facebook le foto del capo che si fotte la segretaria, si va in galera.

Secondo: Continuo scambio di atleti tra le federazioni, fin dove sia possibile. Quando si è costretti a lavorare gomito a gomito, o si impara a rispettarsi o ci si scontra. E se vogliono scontrarsi, vadano in cortile e menarsi e poi si stringano la mano e la smettano.

Terzo: quando si frequenta qualsiasi corso, che sia di cucina, di punto a croce o di wrestling, si paga la retta in anticipo o a scadenze fisse e si frequenta regolarmente. Se fai più di tot assenze, non sei bookkato, non combatti e non sarai rimborsato dei soldi che hai messo. Gli italiani sono interessati soltanto a quello che hanno già pagato. I maestri si fanno un culo così per insegnare. Se non avete per loro il rispetto dovuto, iscrivetevi alla biblioteca comunale, che è gratis.

Quarto: le controversie gravi, dove sia possibile, si risolvono in sede legale. Ogni tanto sento dire a turno, da qualcuno: “Centomila anni fa, Tizio mi ha rubato il ring”. MA COME CA*** SI FA A RUBARE UN RING A TUA INSAPUTA MENTRE CI STAI SOPRA? Capisco se ti fregano il portafoglio mentre lo lasci negli spogliatoi.

Se ti fregano il cellulare. I soldi. Anche i calzoni. Ma qualcuno mi spiega come si fa a rubarti il ring???? Avevi un moonsault tipo Holly e Benji che durava tre quarti d’ora e mentre stavi per aria qualcuno ti ha smontato il ring di sotto? Se l’è messo sotto braccio, è uscito fischiettando per non farsi notare, e tu sei atterrato sul concrete? Mi sa che hai anche picchiato la testa, quando sei caduto!

Se davvero pensi che te l’abbia rubato, vai alla polizia e lo denunci. No? Allora non ci credo! Questa cosa mi ricorda una signora che conoscevo che aveva la badante per una zia anziana, non più autosufficiente. Si lamentava in continuazione che la badante aveva rubato certi gioielli della zia, ma se le dicevi di andare alla polizia, cambiava discorso. Dava l’impressione che i gioielli se li fosse fregati lei e gettasse fango sulla badante per passarla liscia!

Diecimila anni fa ti hanno fregato dei soldi? Ok, speditevi tutti a vicenda una lettera in cui ammettete che diecimila anni fa eravate tutti alle prime armi, giovani e stupidi, chi troppo ingenuo e chi un tantino mariuolo, qualcuno ha fregato e qualcun altro si è fatto fregare come un fesso. Poi prendete atto del fatto che siete cresciuti, cambiati, che avete uno scopo comune da perseguire e che certe cose e certi atteggiamenti ve li lasciate volentieri alle spalle. Stringetevi la mano e ricominciate tutto daccapo.

Nella foto, in alto: stringersi la mano potrebbe essere un passo avanti
Nella foto, in alto: stringersi la mano potrebbe essere un passo avanti

Da Andrea Duca: dimmi il peggior difetto dei lottatori italiani.

Sono esattamente gli stessi di qualunque italiano in genere. Qualche anno fa mi fece morire dal ridere l’affermazione di un pezzo grosso del KGB – il servizio segreto russo. Questo tizio affermava che avevano rinunciato ad avere spie e agenti segreti italiani in quanto avevano tutti dei difetti caratteriali insormontabili: incapaci di lavorare in gruppo. Maniaci del primeggiare piuttosto che del collaborare ad uno scopo comune. Incapaci di tenere un segreto, preferiscono spettegolare come comari al mercato, soprattutto dei propri colleghi.

C’è da aggiungere altro?

Da Ugo Telloli: tu come puoi migliorare la situazione?

Magari potessi davvero! Quello che cerco di fare è di andare d’accordo con tutti. Cercare di vedere sempre il lato positivo di persone e fatti. Questo non vuol dire mettersi le fette di salame sugli occhi. E’ che a meno che non avere davanti Hitler o Bin Laden, si può sempre trovare un punto d’accordo, qualcosa su cui si possa lavorare insieme, migliorare e migliorarsi. Imparare ad ascoltare e ascoltarsi l’un l’altro. Posso scrivere cose belle e buone di tutti voi, nel limite del possibile. Non che non abbiate difetti, eh? Ma ci passo sopra, perché tutti avete anche dei pregi, ed è meglio concentrarsi su di quelli. Posso fare buona propaganda del nostro amato sport e di tutti gli eventi, con chiunque parli e dovunque vada. Parlo continuamente di voi e di quello che fate. Se qualcuno non mi piace, come ho già detto, non ne parlo. Se poi avete suggerimenti, sono qui ad ascoltare.

Fine della seconda parte…e arrivederci alla terza ed ultima parte!

                                                                                                                                                               Erika Corvo

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