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The Man – And the House – of the Rising Sun

Fabio Tornaghi, un personaggio anomalo: appena entrato in scena nel mondo del wrestling si è dato da fare e si è immediatamente messo in luce. Ma lui non è un atleta. Al contrario di quasi tutti quelli che si avvicinano a questo sport, invece di smaniare per salire su un ring e conquistarsi la sua brava cintura, le cinture le inventa e le fa vincere agli atleti che lui stesso mette sul ring, perché organizza gli eventi con la sua Rising Sun, una promotion di successo!

Tutti quelli da me intervistati finora, guardavano il wrestling da piccoli. Beh, lui li batte tutti, perché lo guardava proprio da neonato, in braccio alla sua mamma: l’appassionata di famiglia era lei! Ma lasciamo la parola a Fabio, che ci racconterà la sua interessante avventura di promoter…

Ciao, Fabio! Raccontai qualcosa di te, iniziando dal principio: è vero che sei stato lo spettatore più precoce della storia? Come mai alla tua mamma, invece delle telenovele, piaceva il wrestling?

La notte non c’erano molti programmi decenti, e stando sveglia per allattarmi si sintonizzava sul cosiddetto Catch! Per lei, allora, non era una grande passione ad onor del vero, ma lo preferiva a programmi di altro tipo. E invece, poi, il seme della passione ha germogliato, ha messo radici ed è venuto fuori all’improvviso molti anni dopo. Pensate che da qualche anno, quando mia mamma è libera viene spesso con me agli show italiani.

Nella foto, in alto: la mamma di Fabio, che gli faceva guardare il wrestling allattandolo, neonato.
Nella foto, in alto: la mamma di Fabio, che gli faceva guardare il wrestling allattandolo, neonato.

A tuo papà, invece, che sport piacevano?

Mio padre è il più classico dei calciofili: calcio, calcio e calcio! Il wrestling non gli piace. Come dice lui “non lo capisce”, ed anche nell’occasione del mio primo show ha passato più tempo al bar a bersi una birra o mangiare qualcosa, che a stare nell’arena a guardare lo spettacolo. Non manca però mai di dare una mano, ed è spesso in giro per andare a prendere wrestlers da tutte le parti, o per riportarli a casa mentre io sono impegnato in altro.

E quando sei cresciuto, hai continuato a guardare il wrestling anche da solo, senza la mamma?

No! Sono molto particolare, da questo punto di vista; quasi tutti si sono appassionati al wrestling da bambini, mentre io l’ho fatto da ragazzo. Da piccolo, ho sempre ritenuto il wrestling una pagliacciata, qualcosa di finto e che poteva essere guardato solo da gente poco intelligente. Direi che ora ho cambiato idea… o forse ho preso qualche botta in testa e mi sono rincretinito anch’io!

A te, allora, che sport piacevano? Cosa guardavi, in tv?

Sono sempre stato grandissimo appassionato di calcio, dapprima italiano e poi successivamente inglese. Tuttora vado qualche volta a vedermi partite all’estero, soprattutto in Inghilterra (spesso coniugandole con la visione live di uno show di wrestling). Mi piace in generale la competizione ed apprezzo vari sport, soprattutto nei momenti importanti (le Olimpiadi!).

Nella foto, in alto: Fabio è perennemente in giro a vedere eventi sportivi
Nella foto, in alto: Fabio è perennemente in giro a vedere eventi sportivi

Meno male che qualcuno si ricorda che esiste qualcos’altro, oltre al calcio! E come trascorrevi il tuo tempo libero, da bambino e da adolescente?

Sono cresciuto lontano da grandi città, nella bassa bergamasca, vivendo in modo tranquillo e spensierato. Ero un nerd, quando la parola nerd non esisteva e si diceva ‘sfigato’, ma ho sempre apprezzato (e non mi sono mai pentito) il poter beneficiare di una maturazione più lenta rispetto al giorno d’oggi, sia per il mio carattere molto riservato e chiuso (ora meno rispetto a quando andavo a scuola) sia perché ho potuto evitare di bruciare le tappe godendomi appieno i vari momenti della vita.

Come si trascorre l’infanzia e l’adolescenza in un paese relativamente lontano dalle grandi metropoli?

Per quanto riguarda me, in modo molto semplice: passando del tempo con gli amici, e tanto anche da solo, stando al PC, leggendo, guardando TV, e in famiglia. Vivendo comunque ad un’ora da Milano c’era la possibilità, di tanto in tanto, di andare a qualche partita di calcio, a qualche concerto o spettacolo teatrale, senza però venir soffocati dalla voracità della metropoli, godendosi anche le gite in bicicletta con gli amici e la tranquillità del piccolo paese.

Che studi hai fatto?

Ho studiato da informatico, passione che coltivo praticamente da sempre, ed ho rapidamente trovato un posto di lavoro da programmatore, sia perché all’epoca la richiesta era forte, sia perché ho terminato gli studi con un ottimo risultato. Mai avuto dubbi in proposito: è il lavoro volevo fare, e che ho sempre detto di voler svolgere.

E come ti sei riavvicinato al wrestling, visto che non ti piaceva?

Mi capitò di dover seguire delle attività via web ogni venerdì sera, e non potendo quindi guardare in TV niente di impegnativo mi sintonizzai su Smackdown. A distanza di un paio di mesi ero già appassionato delle storyline raccontate, e da lì iniziai un percorso di approfondimento sulla materia.

Era l’epoca della faida tra Shawn Michaels e Undertaker: è stato uno di loro a colpirti in modo particolare, o semplicemente ti sei convinto che fosse una cosa seria?

E’ stato l’insieme di tutto: gli show televisivi WWE erano ben costruiti, i personaggi facilmente identificabili, i match interessanti, e le storie appassionanti. Oppure, semplicemente, mi divertiva seguire lo spettacolo proposto, e non mi sono fatto problemi a cambiare il preconcetto che avevo in proposito.

Nella foto, in alto: era l'epoca della faida di Shawn Michaels vs Undertaker...
Nella foto, in alto: era l’epoca della faida di Shawn Michaels vs Undertaker…

Una volta esplosa la passione, non ti sei perso più uno show…

E’ stata una progressione, un percorso evolutosi negli anni. La WWE, prima in TV, poi negli house shows, quindi ai tapings in UK. Fino al giorno in cui, per puro caso, notati in paese dei poster pubblicitari di uno show di wrestling italiano: pensai che fosse una buffonata, ma dato che era a due passi da casa e tutto sommato costava solo una quindicina di euro… Ci andai, e mi stupì parecchio! Certo, non era sicuramente uno spettacolo perfetto, ma c’erano tanti lati positivi ed atleti decisamente al di sopra dello scarso livello che avevo immaginato. Dato che lo spettacolo mi entusiasmò davvero, iniziai a seguire in modo fisso quella compagnia, la ICW, e col tempo venni a conoscenza anche di altre compagnie italiane. Sono stato a show di molte diverse federazioni ed anche ora, appena posso, mi diverto ad essere in prima fila in Italia come altrove. Da un paio d’anni a questa parte vado spesso a Londra apposta per gustarmi qualche show indy, partendo il mattino e tornando il giorno successivo, spesso dormendo in aeroporto per risparmiare qualche sterlina.

Nella foto, in alto: Per viaggiare così tanto bisogna imparare a dormire dovunque
Nella foto, in alto: Per viaggiare così tanto bisogna imparare a dormire dovunque

E qui hai scoperto che anche l’Italia è piena di talenti sconosciuti al grande pubblico. Quali sono gli atleti che ti piacciono di più?

Davvero! Qui è pieno di talenti incredibili! Peccato siano spesso molto sottovalutati dallo stesso pubblico. È cosa nota che uno dei miei preferiti sia Andy Manero, del quale ho potuto ammirare la “nascita” – prima combatteva sotto altro ringname. Il suo attuale personaggio è davvero costruito molto bene ed a mio avviso gli ha permesso di salire di livello. Un heel come piace a me, tosto nel ring, fantastico nel cazzeggio ed al microfono, attento a molti particolari e molto duttile nell’interagire con wrestlers di diverso tipo.

Sempre dalla ICW, cito i WonderKids: Akira & Gravity. Giovanissimi, sicuramente ancora non maturi come tanti altri, ma con un enorme potenziale ed una voglia matta di darci dentro. Averli proposti quando ancora nessuno sapeva chi fossero, devo dire, mi inorgoglisce abbastanza. In questo gruppo di preferenze includo pure Mišo Mijatovič. Non è ancora a certi livelli, ma ritengo che abbia avuto una crescita talmente netta che con un briciolo di applicazione e serietà possa fare passi da gigante e arrivare in vetta.

Nella foto, in alto: Akira e Gravity, due stelle nascenti del wrestling italiano
Nella foto, in alto: Akira e Gravity, due stelle nascenti del wrestling italiano

C’è poi TG, della FCW, che riesce ad aggiungere l’esperienza a grandi qualità: averlo come campione è stato importante per la Sun, e ci ha ricompensati con prestazioni maiuscole sia sul nostro ring ad Almenno che sul suo a Pero. E sempre lì ci sono altri giovani in crescita verticale, quali Steve McKee e Matt Disaster.

Nella foto, in alto:Kyo Kazama, un classico intramontabile della ASCA
Nella foto, in alto:Kyo Kazama, un classico intramontabile della ASCA
Nella foto, in alto: Fabio Tornaghi con Steve McKee e Matt Disaster
Nella foto, in alto: Fabio Tornaghi con Steve McKee e Matt Disaster, altri due fuoriclasse.

E poi gli “Almenno originals”, Kyo Kazama ed Horus, così come tantissimi altri.

Mi limito a citare questi atleti, perché sono fra quelli che ho visto più volte e di cui ho potuto constatare la qualità non solo in un paio di match, come magari è stato il caso per altri geograficamente più lontani.

Come sei arrivato a pensare di mettere su una promotion?

Negli ultimi anni sono stato senza ombra di dubbio il fan più fedele al wrestling italiano: penso di aver visto più show di chiunque altro. La differenza, però, l’ha fatta andare agli show Asca. I loro promoters sono stati i primi a chiedermi dei reali feedback che andassero oltre i complimenti, dimostrando un reale interesse al mio parere così come di quelli degli altri fans: la percezione di un ambiente diverso era palese. A margine di ciò, uno dei promoters iniziò ad organizzare delle serate in cui ci si trovava al Wrestlingstore di Milano per vedere gli show delle indies. Pochi ma buoni! Oltre a qualche fan c’erano lui, il promoter Andrea Tagliabue, più il proprietario del Wrestlingstore, Giacomo Giglio (TG), e qualche atleta. Oltre a vedere dell’ottimo wrestling, quindi, c’era un forte, continuo e competente scambio di opinioni riguardo ciò che accadeva sulla scena italiana. Si parlava spesso anche di ciò che realizzavano loro, con un interessante scambio di conoscenze. In seguito, un amico comune mi propose la creazione della promotion, e valutai quindi concretamente la possibilità di produrre un primo show.

nella foto, in alto: Fabio e The Greatest, un'amicizia oltremodo fruttuosa
Nella foto, in alto: Fabio e Giacomo Giglio “The Greatest”, un’amicizia oltremodo fruttuosa.

Quando è nata, ufficialmente, la Rising Sun, e che procedure burocratiche bisogna ottemperare per la costituzione legale?

Il primo show è datato 7 maggio 2016, anche se la società è nata con qualche mese di anticipo. Sì, in effetti ci sono svariate pratiche burocratiche da svolgere, noiose ed anche con costi.

Che scopo ti eri prefisso?

Inizialmente, solo realizzare uno show e vedere come sarebbe andata a finire, valutare se il pubblico avrebbe risposto positivamente, sia in termini di presenza numerica che come feedback. Lo show fu audacemente realizzato in formula “Soddisfatti o Rimborsati”, cercando di attirare più pubblico possibile, e con mia grande soddisfazione, nessuno chiese il rimborso! Non so quanto si andrà avanti, ma finché mi divertirò e ci sarà un buon feedback del pubblico sia in termini di presenze numeriche che di soddisfazione, non vedo perché ci si dovrebbe fermare. Per me l’importante è proporre e propormi sempre nuove sfide. Quest’anno organizzeremo ad Almenno uno show congiunto con la federazione inglese Hope Wrestling. È attiva dal 2013, e nel 2016 ha realizzato circa 2 show a settimana! Fantastico! A breve distanza organizzeremo un altro show per la prima volta varcando i confini nazionali: in Inghilterra! È un’esperienza che non vedo l’ora di vivere, e che spero possa aprire qualche porta e dare maggiori opportunità agli atleti italiani che ci seguiranno in questa impresa oltremanica.

Nella foto, in alto: Fabio porterà la Rising Sun oltremanica
Nella foto, in alto: Fabio porterà la Rising Sun oltremanica

Allora avvisaci per tempo che non vorremmo mancare! A chi è venuto in mente il nome Rising Sun?

Molto sinceramente, non a me. Era uno dei nomi propostimi da Simone Spada, che è anche la persona che mi stimolò per la creazione della promotion. Mi piacque subito per svariati motivi, e lo trovai ottimale per il progetto di crescita di qualcosa di nuovo e giovane.

Dunque è possibile far pagare un biglietto d’ingresso ragionevole, in cambio di uno show coi fiocchi? 

E’ molto soggettivo: si possono realizzare sia show gratuiti o quasi, che show con costi importanti. Non esiste né una formula di successo né una fallimentare: ci sono davvero tante variabili ed ognuno può realizzare un diverso prodotto. Il successo dipenderà da tanti altri fattori che non sono solo la qualità del prodotto o il rapporto qualità/prezzo, ma anche il modo di pubblicizzarlo e venderlo, così come la scelta del luogo dell’evento. Personalmente cerco sempre di assicurarmi che chiunque paghi il biglietto possa poi assistere ad uno spettacolo che valga più di quanto speso. Io stesso ho applicato prezzi molto diversi in base all’evento proposto ed agli spazi disponibili nell’arena. Come fan, mi è capitato di pagare pochi euro e a volte nemmeno quelli. Altre volte ho pagato 40 euro per una prima fila: tutto va proporzionato.

Perché, secondo te, ci sono eventi in cui non solo non si paga nessun biglietto ma gli atleti non prendono una lira, nemmeno il rimborso spese?

Ognuno può gestirsi come preferisce ed ognuno, sia promoters che lottatori, avrà le sue ragioni per fare ciò che fa. Non conoscendo esattamente ciò che accade altrove, preferisco evitare commenti magari superficiali o senza conoscere quello che c’è dietro. In un mondo ideale, sicuramente tutti dovrebbero essere pagati, dai wrestlers ai vari workers, così come del resto gli stessi atleti dovrebbero assicurare un livello di professionalità elevato.

Expo 2015 è andato avanti con migliaia di ragazzi non pagati a lavorare per la struttura, e già la cosa è discutibile. Ma nel wrestling non si tratta solo di dedicare del tempo gratis: si rischia di farsi male, ci si può giocare la salute, se non la vita: che senso hanno gli spettacoli gratuiti?

Se la ragioniamo dal punto di vista della salute, forse in Italia non converrebbe a nessuno fare del wrestling.  “Ma la passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie”, cantava qualcuno di un po’ famoso. Ed il wrestling è passione, per tutti: per chi lotta, per chi organizza e per chi paga il biglietto. Mia madre stessa, ai miei show pretende di pagare, e si arrabbia se le dico di lasciar perdere perché poi teme che qualcuno le rubi il posto in prima fila! Un lottatore può farsi male? Sì, ed a maggior ragione deve essere sempre in forma e ben allenato, così da ridurre i rischi. In fondo ci si fa male anche in altri sport, se vogliamo dirla tutta (sfido chiunque a non pensare a qualche amico infortunatosi giocando a calcio).

Qual era, per te, la cosa più difficile, quando hai iniziato?

Essere da solo nell’organizzazione. O meglio, c’era chi mi dava esternamente una mano, ma ovviamente poi ogni problema ricadeva su di me. Sono stato fortunato ad aver avuto tanti amici. Hanno fatto tanto nelle ore precedenti il primo show per sopperire a qualche errore di preparazione dovuto alla mia inesperienza, ma gli show successivi siamo andati sempre meglio, e cercheremo di migliorare sempre.

Attualmente, essere solo nelle decisioni è ancora un ostacolo, o le cose difficili sono diventate altre?

Le difficoltà sono sempre tante, molte delle quali difficilmente prevedibili. Il problema principale, in realtà, si è dimostrato essere l’inaffidabilità di alcuni workers stranieri che hanno dato buca in ultimo, e/o senza spiegazione, il che è inconcepibile quando sei un professionista e anche ben pagato. Purtroppo, però è impossibile sapere in anticipo chi sia più o meno affidabile. C’è stato anche il caso di atleti che, dopo anni di tranquilla e seria affidabilità, abbiano creato problemi in più di una federazione.

Come si organizza un evento di wrestling?

Gran bella domanda, sicuramente qualcosa mi sfuggirà. Fondamentale è avere un’idea di ciò che si vuole proporre: i lottatori sono spesso estremamente capaci, ma ovviamente bisogna dire loro quale messaggio si vuole trasmettere, quale storia comunicare, sia nell’ambito del loro peculiare match che del progetto in generale. In questo modo è per loro possibile valutare l’interesse a prenderne parte, sia pensare a come fare del proprio meglio per ottemperare a quanto venga richiesto. Bisogna poi fare i conti (e si sbaglierà sicuramente) per capire bene come spendere il budget a disposizione. Essere pronti a non rimanere in mutande se qualcosa andasse storto, come ulteriori spese non previste. In ogni caso, tutti gli accordi e i pagamenti vanno sempre, assolutamente rispettati, anche se non si vendesse un solo biglietto. Prima dello show, il lavoro più impegnativo è chiedere le disponibilità ai wrestlers. Senza di loro, non si fa nulla. In base alle presenze, bisogna riscrivere lo show millemila volte, perché fra infortuni e defezioni varie, se si rispetta il 50% di quanto pensato all’inizio è tanto. Il cinquanta per cento rimanente, si cerca sempre di migliorarlo con valutazioni varie e magari nuove idee sopravvenute. Pubblicità, vendite e prevendite vanno iniziate molto tempo prima: in pochi comprano con largo anticipo, ma quantomeno inizia a girare la voce sia nel web che nei paesi limitrofi, e chi arriva da fuori può organizzarsi il viaggio spendendo poco. E alla fine, lo show è alle porte. Per come ho imparato a gestire le cose, per l’evento di un giorno bisogna pensare a tre giorni di lavoro intenso. Il giorno precedente si inizia a preparare tutto quanto sia possibile fare in anticipo, come portare in loco tutto il materiale utile e/o necessario, finanche le bevande per gli atleti. Preparare già i posti a sedere. Il giorno dell’evento è un casino allucinante, dato che ci si ritrova tutti insieme non più che a poche ore dall’inizio. Mentre sul ring fanno stage e prove, deve essere montato l’ingresso dei wrestlers, l’impianto audio, le luci, si allestisce il catering, e se qualcuno ha bisogni particolari si cerca di provvedere. Il giorno dopo è sistemazione e pulizia. Gli atleti che sono arrivati da fuori, stranieri e non, vanno ovviamente assistiti al meglio. Magari viaggiano ad orari scomodi e necessitano di spazi dove riposare e rifocillarsi, ed alcuni di loro magari approfittano del viaggio per fare, il giorno dopo, una gita da turisti e bisogna consigliarli in merito. Bisogna poi pensare il tutto non riferito al singolo show, ma almeno 2-3 show avanti, perché tutto deve avere un senso ed una logica. Chi viene spesso non può e non deve mai pensare che lo sviluppo delle storyline non sia coerente o scritto da uno schizofrenico.

Nella foto, in alto: e alla fine, la sala si riempie...
Nella foto, in alto: e alla fine, la sala si riempie…

E se qualcuno ti tira un pacco o per qualche motivo non si presenta allo show, come ti organizzi per rimediare?

Se la cosa accade in anticipo, si può valutare se sostituirlo con un altro wrestler. Di norma ho sempre un paio di nomi di riserva “pronti all’uso” o svincolabili da un altro match, sempre in base alle risorse a disposizione. Al primo show non è potuto esserci Flash Morgan Webster, popolare star inglese, per via di un grave infortunio patito una settimana prima dello show. Si è bookato (ingaggiato, ndr.) quindi Icarus, atleta di pari livello, che dall’Ungheria aveva voli a costo abbordabile. Allo show successivo si infortunò Nitro pochi giorni prima dell’evento stesso, e si riuscì a cambiare il volo pagando una penale, senza rimetterci un rene. Si poteva anche non sostituirli, ma finora la scelta fatta è sempre stata questa, per non deludere i fans. Ovviamente se un lottatore si sveglia con 40 di febbre il mattino stesso diventa più complicato, ma finora si son sempre trovate soluzioni che non andassero a ridurre l’offerta, e ne vado fiero.

Quante sono le persone dello staff indispensabili, per poter organizzare un evento?

Finora la formula è stata più o meno questa: un presentatore, uno o due tecnici alle musiche, uno o due staffers per pubblico e atleti, da uno a quattro arbitri. Un paio di persone sono necessarie alla reception per gli ingressi del pubblico, e per il backstage serve qualcuno di fiducia. In più ci sono io che giro come una trottola per ogni minima necessità, anche per tastare gli umori del pubblico e il loro indice di gradimento. Se qualcosa non è ben gestito, la gente lo nota subito e puoi modificare sul momento. Cerchiamo di curare al massimo le riprese, dato che i fans trovano in seguito le registrazioni degli interi show in vendita in digital download. Terminate le vendite, i singoli match vengono via via pubblicati gratuitamente su Youtube, ma il prodotto deve essere di ottima qualità, e questo richiede fino a quattro persone impiegate.

Nella foto, in alto: la nostra Erika Corvo con Andrea Malalana, l'arbitro che l'estero ci invidia.
Nella foto, in alto: la nostra Erika Corvo con Andrea Malalana, l’arbitro che l’estero ci invidia.

Come al solito, in Italia ci si deve arrangiare: capita spesso che qualcuno debba coprire più ruoli contemporaneamente?

Onestamente sì. Servirebbero più persone e più attrezzature. Ad esempio, non abbiamo ancora un sistema di luci ottimale. L’ingresso degli atleti andrà sicuramente migliorato, dato che ora avviene solo passando da una normalissima tenda. Ma si crescerà man mano, se le cose andranno bene: a volte sai che non stai ottimizzando e che servirebbe di più, ma ritengo sia meglio crescere un passo alla volta, con le risorse a disposizione, senza bruciarsi. So che non è ottimale nemmeno la stessa location di Almenno, dato che è raggiunta a fatica dai mezzi, ed anche per questo mi rendo sempre disponibile per organizzare “passaggi”.

E’ un vero e proprio team che hai messo insieme, o di volta in volta ti arrangi con chi si rende disponibile?

Ci sono alcune persone di cui mi fido ciecamente, ed altre che so quanto possano dare. Tutti sono utili ma nessuno indispensabile, dice sempre un mio maestro. Finché c’è interesse a costruire qualcosa insieme, ben venga l’aiuto di chiunque.

Ho riconosciuto in te delle doti organizzative pazzesche. È un dono di natura o bisogna diventare pazzi per far girare tutto alla perfezione?

Sono perfezionista di natura, e se c’è passione ci metto tutto il cuore e l’impegno possibile. Essendo io per primo un fan, cerco di dare il massimo. Alla fine, sono proprio i fans la ragione per cui si tira in piedi tutto questo circo! Inoltre, ho il massimo rispetto per i workers e cerco di farli stare bene da me. Spero sempre che una volta andati via possano raccontare che in Rising Sun si lavora bene e che il promoter è attento alle loro necessità e rispettoso del loro lavoro.

Qual è stato lo show che ti ha dato più problemi?

Tutti hanno avuto dei problemi, ad onor del vero. Il penultimo, Unlimited Ambition, ha avuto un numero di defezioni pazzesche, soprattutto di stranieri, per via di coincidenze dell’ultimo minuto con importanti tour di compagnie straniere. Abbiamo avuto un infortunio pochi giorni prima, ed una defezione per motivi personali il giorno stesso. Trovare rimpiazzi è stato complicato, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e tutto è stato risolto con successo.
Mi è anche capitato che per un disguido ci siamo trovati ad uno show con due diversi catering… e la soluzione è stata portarmi a casa e regalare ad amici vari focacce, pizze e panini. Un delirio!

Nella foto, in alto: e se il catering fosse troppo?
Nella foto, in alto: e se il catering fosse troppo? Fabio non si tira indietro!

Pensi che la promotion possa un giorno diventare il tuo lavoro principale?

No. E’ un’esperienza che mi sta dando molto sia in termini umani che di conoscenza di qualcosa di diverso, ma direi che è impensabile possa essere qualcosa più che una passione, che comunque cerco di sviluppare al meglio. Se penserò di non essere più in grado di farlo bene o con gioia, non lo farò più e basta.

Nei vostri show ci sono spesso match estremi. Ma tutte quelle sedie che sfasciano, chi le paga?

Continuiamo a rimandarle indietro al produttore dicendo che sono guaste!

La WWE ha sempre privilegiato i lottatori mastodontici a discapito dei pesi leggeri. Tu che preferisci? Potenza o agilità?

Agilità. Però ritengo che in uno show debba esserci tutto: lottatori agili, lottatori potenti, lottatori tecnici, match estremi… Se uno vede sette o finanche dodici match come organizziamo noi, giacché spesso abbiamo show pomeridiano e serale, deve vedere stili diversi, altrimenti si annoia! Nel wrestling non ci si deve ripetere, ed ogni match deve raccontare una storia un po’ diversa in modo un po’ diverso.

Citami tre atleti nel panorama mondiale che ti piacciono in modo particolare e spiegaci perché.

Will Ospreay. Perché sta innovando, creando un suo stile, che fa discutere. Non per colpe sue, ma spesso per l’eccesso con cui viene proposto.

AJ Styles. Perché è un atleta che ha attraversato diverse fasi della sua carriera, sapendosi spesso reinventare e mettendosi in discussione, ed ottenendo ovunque successo e riconoscimenti.

John Cena. Perché quando si pensa a professionalità, affidabilità e capacità, è al momento il numero uno al mondo.

Secondo te, perché in Italia le federazioni sono piccole realtà separate e tutti si parlano dietro, piuttosto che collaborare? Quali potrebbero essere gli strumenti indispensabili per vedere finalmente una riunione in una sola, grande, federazione?

Perché la professionalità è spesso scarsa. Il fatto che non girino soldi porta a far sì che da parte di alcuni, una minima parte a mio avviso, si prenda il tutto un po’ come un gioco, comportandosi quindi di conseguenza. Passi in avanti, negli ultimi anni, se ne sono fatti: dal Best in Italy targato Asca con atleti provenienti da molte federazioni italiane, al progetto Collisione che ha visto collaborare attivamente varie realtà, passando anche per altri eventi. La Rising Sun stessa non ha atleti “suoi”, quindi attinge dalle federazioni che rendano i loro atleti disponibili. Personalmente, non sono un fan del “tutti insieme”: Ogni realtà deve poter sviluppare un proprio prodotto, con le proprie caratteristiche, e sarà poi il pubblico a valutarne i risultati. L’unica cosa che invece comprendo a fatica, e che mi pare un’anomalia tutta italiana, è che la maggioranza dei lottatori debba essere vincolata ad una federazione. A mio modo di vedere, dovrebbero tutti essere indipendenti relativamente ai bookings, come avviene in tutto il resto d’Europa. Mai mi è capitato di dover contattare una federazione per il booking di un atleta straniero. È per questo che spesso si preferisce spesso chiamare un wrestler dall’estero: proprio per la maggior semplicità nella fase di trattativa. Va bene a lui, va bene a te, va bene a tutti!

Nella foto, in alto: Fabio Tornaghi con la nostra Erika Corvo
Nella foto, in alto: Fabio Tornaghi con la nostra Erika Corvo

Secondo te, che gusto c’è a rompere i marroni al prossimo, trollare, insultare sotto falso nome e deridere così, per il gusto di farlo?

Il wrestling non è diverso dalle altre attività: ci sono gelosie, invidie, e persone dannose, così come ci sono brave persone, volenterose, disponibili ad aiutarti in ogni modo. Purtroppo, c’è anche chi magari prende gusto ad infastidire.

Il solito fuoco di fila finale: rispondi con una sola parola, se possibile, alle domande.

Impegno            Passione

Passione            Felicità

Wrestling          Eccitazione

Casa                      Mondo

Famiglia              Pace

Amore                   Bello

Denaro                  Averne

Successo               Lavoro

Religione              Marchese

Fede                        Arsenal

Salute                     Tutto

Soddisfazione     Risultato

Felicità                   Momenti

Lavoro                    Impegno

Valori umani       Pilastri

Amici                       Vita

Sogni                        Tanti

Futuro                      Mistero

Passato                     Esperienza

Rabbia                       Calma

Fantasia                   Topolino

Tempo libero          Fifa

Grazie, Fabio! E’ stato un piacere averti con noi, e complimenti anche a mamma e papà, di cui abbiamo avuto modo di apprezzare l’opera e la disponibilità. L’intero staff di Mondomarziale vi augura un 2017 con tanti, tanti eventi di successo e tutti i riconoscimenti che meritate!

A voi! E grazie!

Erika Corvo

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