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Alla scoperta del bellissimo borgo di Songavazzo

Nella foto, in alto: una viuzza di Songavazzo

“Al rientro dai campi”… un evento!
Songavazzo è il più piccolo paese dell’altopiano dell’Alta Valle Seriana, a pochi chilometri da Clusone. Minuscolo, ma in una posizione particolarmente felice. Sia riparato dal freddo che scende dalla Presolana. Sia esposto alle correnti d’aria calda che salgono dal lago di Lovere. Ora, andiamo a scoprire questa località in compagnia di Andrea Zanoletti, direttore del Museo delle Armi di Gromo, qui in veste di nostra guida. Le costruzioni, cioè le stalle, le case, le mulattiere, osserva il signor Andrea, sono caratterizzate dalla presenza di Prido e di Pioda. Quest’ultime, sono anche le pietre utilizzate per costruire i cosiddetti tetti in “piode”. Queste abitazioni agresti hanno tutte la peculiarità di avere delle logge e arcate in legno in stile tipico orobico. Negli edifici, ci narra il nostro cicerone, gli unici ambienti caldi erano la stalla e la cucina in cui si andava dopo cena a passare la serata prima di coricarsi. Senza, ovviamente, tralasciare di recitare un bel santo Rosario. L’elemento che assemblava la palazzina era la volta, costituita dalla cucina, la cantina (ol selter, ndr.) e la stalla. Di grande importanza era lo spazio per il cortile, in dialetto “era”, spesso fornito di pozzo con acqua sorgiva, necessaria per l’orto e il pollaio. Nella corte le persone lavoravano. Accudivano gli animali mentre i bambini giocavano, e qui si scandivano le stagioni, le cerimonie come la macellazione del maiale. A volte, qualche artista amava affrescare le pareti per decorare questo luogo pervaso da una certa sacralità contadina. Il signor Andrea, proseguendo la sua avvincente narrazione, ci illustra la presenza di queste “case torri “. Molto alte che in parte vengono abbattute e vengono coperte con degli spioventi molto pendenti: “domus”era la casa, “teges” era lo spazio nel quale veniva collocato tutto cio’ che doveva stare al di fuori dalla casa.Inoltre, non si era una famiglia di “buon livello” se non si possedeva del legname in casa per potersi costruire, nel momento del bisogno, la cassa da morto.

Nella foto, in alto: due case a Songavazzo

Camminando, senza fretta, ci spostiamo, poi, nell’Azienda agricola del Signor Davide. Qui riveste una rilevante importanza il mais Rostrato Rosso, una particolare varietà di mais che si distingue per il colore arancione/rosso intenso delle sue spighe, per una granella semi-vitrea e per il rostro dei suoi chicchi (detto rampì, in dialetto bergamasco, ndr.) a cui deve il nome. Il signor Davide, altresì, ci chiarisce che la farina che se ne ricava, macinata a pietra, possiede un’amalgama granulosa e ruvida che ben si presta alla preparazione della tradizionale polenta bergamasca. Con questa farina si preparano anche pasta, biscotti e gelato. A garanzia del consumatore, la farina e tutti i prodotti lavorati, devono riportare, in etichetta, il marchio DE.C.O. e/o quello dell’Associazione ROSSO MAIS, che garantiscono la provenienza del mais dei territori d’origine. E, riavvicinandoci ad un remoto adagio dove… “tutti i salmi finiscono in gloria!” ci rechiamo per un eccellente aperitivo offerto dal Vicolo Caffè.
Tiziana Giglioli

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