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La relazione educativa. Una chiave per la scuola di oggi

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Nella foto, in alto: l’insegnante e l’alunno “one to one”

I numerosi e repentini cambiamenti nella società di oggi – è innegabile – hanno reso l’intento educativo di docenti e professionisti della scuola sempre più sfidante.
La responsabilità degli insegnanti nei confronti dei propri alunni, infatti, non è solo di tipo didattico, ma principalmente di tipo educativo. L’obiettivo oggi non è certo quello di trasferire quantità di concetti e contenuti disciplinari in giovani menti passive, ma quello di formare i cittadini del domani, aiutare i ragazzi a costruire una coscienza critica, fornire loro gli strumenti per valutare. Offrire occasioni di riflessione sui valori. Accompagnarli nel loro processo di crescita. Tutto questo è “e-ducare”.
E la chiave per arrivare ad un’educazione autentica è la relazione educativa: solo stabilendo un contatto profondo con i nostri alunni, potremo arrivare a loro in modo efficace.
La relazione educativa si definisce come un «particolare tipo di legame tra educatore ed educando che si instaura spontaneamente o che viene costruito intenzionalmente dall’educatore […] in cui le dimensioni affettive e sociali siano commisurate ai bisogni, alle caratteristiche del singolo allievo, agli obiettivi dell’intervento educativo».

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Nella foto, in alto: la mano del docente  che tende la mano dell’allievo
Oltre a solide competenze pedagogiche e a una certa esperienza, dunque, sono imprescindibili propensione all’ascolto ed empatia. Perché la relazione educativa non è superficiale: è fondata sull’interesse sincero, sull’accoglienza, sulla disponibilità. Tanto che in ambito tecnico si parla di «amore pedagogico»: un contesto di affettività, di reciproco riconoscimento e accettazione, indispensabile nel processo educativo.
Lo stabilirsi di una relazione educativa ha poi, inevitabilmente, ricadute positive anche sugli apprendimenti. Infatti, come sosteneva lo psicologo russo Vygotskij e come hanno confermato le neuroscienze, le esperienze e le relazioni influenzano in modo determinante lo sviluppo cerebrale e i processi cognitivi dei soggetti in crescita. Solo dopo aver creato una relazione con il proprio alunno, un docente può mettere in atto stimoli idonei e strategie educative personalizzate per favorire le sue reali potenzialità.

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Infine, non dimentichiamo un altro aspetto fondamentale, soprattutto nella società attuale, sempre più competitiva e giudicante: la formazione di un solido senso di autostima e di autoefficacia.
Modalità comunicative verbali e non verbali che incoraggiano, sollecitano e valorizzano lo studente favoriscono lo sviluppo di competenze emotive e di abilità relazionali. Come ha messo in luce lo psicologo dello sviluppo Albert Bandura, tali modalità sono determinanti nel contrastare l’impotenza appresa, quella sensazione di incapacità e inadeguatezza che un soggetto può sviluppare a seguito di ripetuti fallimenti.
Viceversa, un docente poco attento alla dimensione emotiva, che usa come strumento abituale di correzione la disconferma, costruisce le basi di un vissuto emozionale negativo. Questi comportamenti creano inevitabilmente una situazione di disagio e frustrazione. In caso di fragilità, possono condurre a un blocco e diventare una tra le cause di abbandono o rifiuto della scuola.
Secondo i dati Eurostat, il tasso di dispersione scolastica in Italia nel 2019 ha raggiunto il 13,5%, uno dei più alti tra i paesi dell’Unione Europea. Una percentuale preoccupante, su cui riflettere.

                               Luana Vizzini

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