Tra confessioni e scivoloni di protocollo, la Real Casa di Savoia rischia di perdere il suo prestigio simbolico,
C’era un tempo in cui la parola Savoia evocava disciplina, riserbo e decoro.
Oggi, invece, la storica dinastia italiana sembra vivere uno dei momenti più difficili della propria esistenza simbolica, travolta non da scandali politici o battaglie di sangue, ma da errori di comportamento e leggerezze pubbliche che hanno incrinato la sua immagine nel mondo.
Il gala del Vaticano: la leggerezza che offende il contesto,
Il 27 settembre 2025, a Roma, le Corsie Sistine hanno ospitato il Gala degli Ordini Dinastici di Casa Savoia, evento benefico in favore dell’Elemosineria Apostolica. Una cornice solenne, dove la compostezza e il rispetto delle forme sono parte integrante della tradizione. Eppure, quella sera, il Principe Emanuele Filiberto e la signora Adriana Abascal, la sua compagna, hanno dato prova di una leggerezza difficile da conciliare con il decoro richiesto: entrambi visibilmente alticci, hanno finito per coinvolgere alcuni ospiti in un “trenino” danzante tra i tavoli, gesto che ha imbarazzato gli astanti e sollevato un brusio di disapprovazione. A peggiorare l’impressione generale, la signora Abascal si è presentata con unghie nere e un atteggiamento poco consono al contesto. Piccoli dettagli, certo, ma in un ambiente dove la forma è sostanza, hanno pesato come macigni.

Nella foto in alto: “Quando la grazia si smarrisce, resta soltanto l’imitazione del buon gusto.”
La messa al Pantheon e la questione morale
Durante la solenne funzione al Pantheon, il Gran Cerimoniere, S.E. Cav. Gr. Cr. Prof. Alberto Bochicchio, Gentiluomo di Sua Santità, ha dovuto più volte trattenere il Principe dal prendere la Comunione.
Non si trattava di un eccesso di spirito, ma del nodo morale irrisolto: Emanuele Filiberto, ancora sposato con la Principessa Clotilde, vive pubblicamente con la signora Abascal, in aperta contraddizione con il suo ruolo di Gran Maestro cattolico. Dietro la facciata di spontaneità e glamour, emerge un quadro di disorientamento istituzionale. Casa Savoia appare priva di una struttura, circondata da consulenti senza reale esperienza diplomatica o dinastica, incapaci di fornire quella guida che un tempo apparteneva naturalmente all’aristocrazia di servizio.

Nella foto in alto: “In certe fotografie, il vero silenzio non è quello del lutto… ma del buon gusto.”
La confessione che ha scosso il trono
Le cose si sono aggravate con l’intervista rilasciata dal Principe a Corriere della Sera e TGcom24, in cui ha ammesso pubblicamente:
“Ho tradito Clotilde. I tradimenti succedono. A volte rafforzano, perché ti rendi conto che non è quello che vuoi.”
Un passaggio che, nelle intenzioni, doveva forse suonare umano e sincero; nella sostanza, è apparso disastroso per la reputazione di un casato già in difficoltà.
In un’epoca in cui le monarchie europee sopravvivono solo come simboli, ogni parola di un principe è una moneta pesante: ciò che dovrebbe unire, divide; ciò che dovrebbe redimere, ferisce.
Il paragone con la Monarchia Britannica
Il caso richiama quello del Principe Andrea, fratello di Re Carlo III, travolto dallo scandalo Epstein e sospeso da ogni incarico pubblico per decisione del sovrano stesso.
Lì, la Corona britannica ha saputo reagire con fermezza e rigore, anteponendo l’istituzione all’individuo. Mentre la Monarchia inglese ha saputo difendere la propria immagine persino nelle tempeste mediatiche, la Casa Savoia continua a esporsi al ridicolo internazionale, trascinata dai capricci di un solo uomo.

Nella foto in alto: Un trono vuoto, un’aquila che osserva dall’alto e un uomo che si inchina nell’ombra: il simbolo di una regalità senza guida, dove la gloria sopravvive ma l’onore è fuggito.
Un trono senza guardiani
La Real Casa di Savoia, un tempo esempio di disciplina e decoro, appare oggi orfana di un filtro morale e istituzionale. Non vi è, attorno al Principe, alcuna figura capace di esercitare la voce del dovere o dell’autorità. Nessun “Re Carlo” in grado di dire “basta”, nessun Consiglio di Corte con la forza morale di difendere il nome di una dinastia millenaria. È la sensazione di un trono senza guardiani, un vuoto in cui il Principe agisce senza contrappesi né freni, circondato da consiglieri compiacenti e privi di cultura dinastica. Il rischio, evidente, è quello di un declino simbolico: l’apparenza ha sostituito il rigore, la mondanità l’istituzione, la visibilità la virtù.

Nella foto in alto: a sinistra Le Loro Altezze Reali La Duchessa di Edimburgo e i Duchi di Kent che salutano con Il courtesy, un inchino che si tributa a Re Regine e alle Altezze Reali, nella foto in alto la Signora Abascal che cerca di fare il courtesy ma con un risultato sgraziato e goffo.
L’episodio thailandese: la gaffe diplomatica
L’ultimo episodio, in Thailandia, ha completato il quadro.
Sua Altezza Reale Emanuele Filiberto, accanto all’Ambasciatore d’Italia S.E. Paolo Dionisi, ha reso omaggio nella Sala del Trono del Palazzo Reale di Bangkok alla defunta Regina Madre.
Ma accanto a lui, anche in questo contesto di lutto ufficiale, figurava Adriana Abascal, presentata informalmente come compagna. Un gesto considerato un errore di protocollo e di sensibilità diplomatica: nessuna Casa Reale europea avrebbe mai esposto una figura extraconiugale in un’occasione di Stato.
L’immagine della signora Abascal con il suo inchino maldestro e l’atteggiamento da passerella è diventata simbolo di un imbarazzo che travalica i confini dell’Italia. Durante il momento di omaggio protocollare, ha tentato un courtesy, un inchino, risultato però sgraziato e goffo, più simile a un gesto mondano da passerella che a un atto di rispetto dinastico. Piccoli dettagli, certo, ma in un ambiente dove la forma è sostanza, hanno pesato come macigni.

Nella foto in alto: il grafico con le percentuali di gradimento eloquenti i risultati pessimi raggiunti proprio per gli ultimi comportamenti del Principe.
Il danno d’immagine
Un sondaggio Piepoli del 2018 indicava che solo il 15% degli italiani si dichiarava favorevole al ritorno della Monarchia. Oggi, secondo una rilevazione redazionale del Quotidiano delle Idee, il consenso personale verso Emanuele Filiberto scende al 18%, mentre la stima per la Principessa Clotilde sale al 74%.
L’immagine complessiva della Casa Savoia registra un crollo del 41% in credibilità nell’ultimo anno, un tracollo aggravato da errori di comunicazione e di rappresentanza.

Nella foto in alto: Un trono vuoto, simbolo di un potere senza guida, fa da sfondo a due figure moderne che si scattano selfie spensierati: allegoria satirica di un’aristocrazia smarrita, dove l’apparenza ha preso il posto del decoro.
L’effetto domino sugli Ordini Dinastici: quando l’immagine compromette l’onore
Le conseguenze della crisi d’immagine che investe oggi la Real Casa di Savoia non si fermano ai salotti mondani o alle pagine dei rotocalchi. Esse rischiano di colpire nel cuore ciò che rimane del suo prestigio istituzionale: gli Ordini Dinastici. Da sempre, questi Ordini rappresentano la continuità morale della dinastia, la trasposizione concreta dei suoi valori di servizio, fede e onore. Essere insigniti di un’onorificenza sabauda, per decenni, ha significato entrare in una comunità di spirito e di merito. Oggi, però, quella dimensione rischia di dissolversi sotto il peso delle polemiche e delle leggerezze del vertice. Ogni scandalo, ogni gesto inopportuno, ogni parola mal calibrata mina la fiducia di chi imprenditori, accademici, uomini di fede e di istituzioni potrebbe desiderare di avvicinarsi agli Ordini come atto di riconoscimento e appartenenza. Quando il simbolo vacilla, anche il valore dell’onorificenza si attenua. Molti osservatori, dentro e fuori l’ambiente dinastico, temono che il danno più grave non sia quello mediatico ma quello di credibilità: un logoramento lento ma profondo, capace di allontanare nuovi cavalieri e dame e di ridurre gli Ordini a una cornice priva di sostanza. Se la Casa Savoia non riuscirà a ristabilire autorevolezza, disciplina e rigore morale, il rischio è che il prestigio degli Ordini Dinastici finisca per dissolversi nella stessa mondanità che oggi sembra averne preso il posto.
Conclusione
La Casa Savoia, simbolo di un passato glorioso, rischia di dissolversi in un presente fatto di passerelle, confessioni e goffi inchini. La Principessa Clotilde, con il suo silenzio e la sua eleganza, rimane l’unico volto credibile di una dinastia che sembra aver smarrito la bussola. Senza un ritorno alla sobrietà, alla dignità e a un vero senso istituzionale, il nome dei Savoia rischia di sopravvivere solo nei manuali di storia e nei titoli dei rotocalchi.
Carla Rossi

