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Premio Sacharov 2025: il coraggio della verità – Andrzej Poczobut e Mzia Amaglobeli, due voci libere tra Bielorussia e Georgia

L’Europa non dimentica chi paga la libertà con la prigione. Il Parlamento Europeo ha assegnato il Premio Sacharov 2025 per la libertà di pensiero a Andrzej Poczobut e Mzia Amaglobeli, due giornalisti detenuti rispettivamente in Bielorussia e Georgia, simboli di una resistenza civile e intellettuale contro regimi che continuano a soffocare la verità. È un riconoscimento che va ben oltre il gesto simbolico: rappresenta un atto politico chiaro, un messaggio di sfida diretto alle autocrazie dell’Est, che ancora oggi tentano di manipolare la narrativa, zittire le voci indipendenti e piegare il diritto di parola alla ragion di Stato.

Andrzej Poczobut: il coraggio in una cella bielorussa

Giornalista e membro dell’Unione dei Polacchi di Bielorussia, Andrzej Poczobut è stato condannato dal regime di Alexander Lukashenko a una lunga pena detentiva per “diffamazione dello Stato” e “incitamento all’odio”.
Dietro queste accuse – usate come armi politiche – si nasconde in realtà una colpa imperdonabile agli occhi del potere: aver raccontato la verità sul collasso democratico bielorusso e sulla brutale repressione seguita alle elezioni del 2020. Poczobut è da anni la voce di un giornalismo che non arretra: la sua cronaca delle proteste, la denuncia delle violenze e la difesa dei diritti civili hanno fatto di lui un punto di riferimento morale, tanto che la sua figura ricorda quella dei grandi dissidenti sovietici.
Il suo nome accanto a quello di Andrej Sacharov, scienziato e martire della libertà, assume oggi un valore profondamente simbolico: il coraggio individuale come unico baluardo contro l’apparato dello Stato autoritario.

Mzia Amaglobeli: la parola libera sotto il peso di Mosca

In Georgia, Mzia Amaglobeli, reporter e attivista per la libertà di stampa, è diventata l’incubo del governo filorusso che oggi tenta di riportare Tbilisi nell’orbita di Mosca.
La sua detenzione, avvenuta dopo la pubblicazione di una serie di inchieste sui legami tra esponenti politici georgiani e gli oligarchi russi, è un chiaro segnale della crescente influenza del Cremlino nel Caucaso. Il caso Amaglobeli è un campanello d’allarme per l’Europa: la Georgia, un tempo simbolo di aspirazione occidentale, sta scivolando verso un autoritarismo di imitazione russa, dove le leggi contro la “propaganda straniera” diventano lo strumento per imbavagliare ONG e giornalisti.
Il coraggio di Mzia rappresenta l’ultima linea di difesa di una società civile che non vuole cedere alla paura né alla propaganda.

Nella presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola ha dichiarato: Il Parlamento è al loro fianco e al fianco di tutti coloro che continuano a reclamare la libertà.

Un messaggio a Putin e Lukashenko

Il Premio Sacharov 2025 non è solo un riconoscimento morale: è un gesto politico che chiama i regimi di Mosca e Minsk per nome e cognome.
Dietro la retorica della “stabilità” e della “sicurezza nazionale”, Vladimir Putin e Alexander Lukashenko condividono la stessa architettura di potere: controllo totale dei media, repressione sistematica, criminalizzazione del dissenso. In questo contesto, premiare due giornalisti detenuti rappresenta un atto di condanna pubblica.
Bruxelles dice a voce alta ciò che molti governi esitano a dire apertamente: che la libertà di stampa è il primo fronte della guerra ibrida in corso tra democrazia e autocrazia. Il gesto acquista ulteriore forza politica se si considera il momento: la Georgia attraversa un’ondata di proteste contro la legge “sugli agenti stranieri”, copia quasi identica della norma russa del 2012; la Bielorussia continua a essere un satellite del Cremlino, usato come retrovia militare e repressiva.
Il messaggio europeo è chiaro: non esiste neutralità quando la libertà viene incarcerata.

La potenza simbolica del premio

Il Premio Sacharov, istituito nel 1988, è più che una medaglia: è una dichiarazione di guerra morale contro la menzogna di Stato.
Premiare Poczobut e Amaglobeli significa riaffermare che il giornalismo non è un crimine, ma la prima forma di resistenza civile in società che hanno smarrito il senso della verità. In tempi in cui le autocrazie cercano di manipolare anche la percezione internazionale presentandosi come difensori della “sovranità” mentre imprigionano le voci libere l’Europa sceglie di schierarsi, almeno simbolicamente, dalla parte di chi paga il prezzo più alto per dire ciò che vede.

La libertà come frontiera

Il Premio Sacharov 2025 è dunque una sentenza morale pronunciata dall’Europa contro due regimi che, in modi diversi, rappresentano il volto moderno dell’oppressione.
Andrzej Poczobut e Mzia Amaglobeli non sono solo giornalisti detenuti: sono testimoni della verità in tempi di menzogna istituzionalizzata. Finché la loro voce resterà viva, anche dietro le sbarre, nessun regime potrà dichiarare vittoria.
La libertà, come ricordava Sacharov, “non muore mai del tutto: sopravvive in ogni mente che osa pensare”.
E oggi, in Bielorussia e in Georgia, quella mente ha due nomi.

Thomas Luigi Mastroianni

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