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L’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon e la crisi silenziosa della sua identità

Nella foto, in alto: l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon è un sodalizio storico-patriottico che rende onore ai Sovrani d’Italia sepolti al Pantheon.

C’è un silenzio che pesa più di molte parole. Un’inquietudine crescente che serpeggia da tempo tra le pieghe di un’Istituzione che, nella sua missione, ha custodito per generazioni la memoria, il decoro e l’ideale di servizio all’Italia unita, ai suoi valori storici, alla monarchia sabauda e ai suoi simboli: le Reali Tombe del Pantheon. Oggi, l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon vive una fase di profonda discontinuità con il proprio spirito originario, attraversata da tensioni interne, disaffezione diffusa, e una sempre più evidente frattura tra centro e periferia. Sempre più voci, con compostezza ma fermezza, pongono interrogativi gravi e legittimi: si può ancora parlare di un’Istituzione pluralistica, inclusiva, capace di generare senso di appartenenza, oppure si è dinanzi a un sistema irrigidito, gerarchizzato, incapace di ascolto e ormai distante dalla realtà dei territori? Numerose Delegazioni, un tempo fulcro dell’attività istituzionale, lamentano da tempo un clima di esclusione e una gestione percepita come unilaterale, in cui il dibattito interno risulta pressoché assente. La proposta di riforma dello Statuto – elaborata senza una fase consultiva adeguata e priva, secondo molte testimonianze, di un reale confronto – ha rappresentato per molti un punto di rottura, facendo emergere il bisogno impellente di ripensare radicalmente il funzionamento interno dell’Istituto. Tra i segnali più allarmanti, vi è un progressivo allontanamento di membri storici e Delegati che, pur in silenzio, hanno rassegnato le proprie dimissioni. Un fenomeno che, sebbene sottaciuto, risulta indicativo di un disagio profondo. Una fonte interna, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha dichiarato: “L’Istituto sembra oggi prigioniero di un modello organizzativo chiuso, che teme il dissenso e confonde il rispetto con l’obbedienza. Le dinamiche relazionali appaiono dominate da piccoli circoli, più attenti alla tutela di posizioni acquisite che alla missione culturale e patriottica per cui siamo nati.

Nella foto, in alto: il Pantheon, sacro sepolcro dei Re e delle Regine d’Italia, custode della memoria dinastica e dell’identità nazionale.

”Parole misurate, ma drammatiche, che trovano eco in altre osservazioni di chi, da anni, si spende per l’Istituto con spirito di servizio e onore. È inoltre materia di riflessione, in ambito storico e giuridico, la nomina a Presidente Onorario di Sua Altezza Reale Emanuele Filiberto di Savoia, Principe di Piemonte e Venezia. Pur dettata da comprensibili motivazioni simboliche e dinastiche, tale scelta ha sollevato – da parte di alcuni – perplessità sulla piena neutralità dell’Istituto, che da sempre si proclama (e deve restare) apolitico, super partes e imparziale. L’eventualità che una simile figura, per quanto rispettata, venga associata a dinamiche interne o a scelte operative, può infatti introdurre criticità in termini di percezione esterna, anche a livello istituzionale. Infine, anche sul piano della comunicazione pubblica, si rileva una crescente discrepanza tra il tono celebrativo di alcuni eventi centrali e il malumore che serpeggia tra le file periferiche. Emblematico, in tal senso, è stato l’atteggiamento di alcune Guardie d’Onore di Delegazioni storiche, che hanno deciso di non prendere parte a una recente cerimonia, come forma di riservato dissenso verso la direzione intrapresa, pur nel massimo rispetto della memoria di Casa Savoia. Il contenuto del discorso pronunciato in tale occasione ha generato in alcuni presenti riflessioni critiche sul rispetto del principio di apoliticità, qualora si siano espresse posizioni o giudizi non strettamente attinenti al contesto commemorativo. Senza intenti polemici, ma con spirito di leale preoccupazione, si auspica un richiamo ai toni istituzionali e a una narrazione condivisa, conforme al dettato dello Statuto. Oggi più che mai, serve coraggio morale.

Nella foto, in alto: segni di crescente autoritarismo all’interno dell’Istituto: silenzi, esclusioni e centralismo decisionale.

Coraggio per restituire all’Istituto la sua anima originaria, per favorire un clima di ascolto, per aprire un confronto onesto su finalità, strumenti, regole e rappresentanza. Continuare a ignorare le crepe significa, forse, condannare l’edificio alla sua lenta ma inesorabile erosione. L’Istituto ha un glorioso passato, ma per garantirgli un futuro degno serve un rinnovato patto di fiducia, fondato su trasparenza, legalità, partecipazione e rispetto reciproco. Solo così la sua missione potrà sopravvivere nel tempo.

Carla Rossi

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