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Le isole di Tahiti: 118 paradisi dispersi nell’Oceano Pacifico

Nell’immaginario comune richiamano scenari paradisiaci, danzatrici polinesiane e atmosfere alla Gaugin. Però, forse non tutti sanno che le isole e gli atolli di Tahiti sono ben 118 e sono divise in 5 arcipelaghi, ognuno con le proprie caratteristiche fisiche e culturali.

Nella foto, in alto: la spiaggia di Tahiti
  • Le più centrali sono le Isole della Società. Il loro nome rappresenta un tributo offerto dal capitano James Cook alla Royal Society di Londra, che nel 1769 sponsorizzò il suo primo viaggio. Esse rappresentano il cuore demografico ed economico della regione. Si tratta di 14 isole divise in due gruppi: le Isole Sopravento, che includono l’isola vulcanica di Tahiti, e le Isole Sottovento, che comprendono Bora Bora, nota come “Perla del Pacifico”.

Le Isole Sopravento comprendono Tahiti, Moorea, Mehetia (disabitata), Maiao e l’atollo di Tetiaroa. L’isola di Tahiti è la principale: vi si trova la capitale, Papeete, ma anche l’aeroporto, l’università, l’ospedale, alcuni musei e numerosi centri amministrativi, industriali ed economici. Le bellezze della natura, dai coni vulcanici alla barriera corallina, sono spettacolari.

Le Isole Sottovento si trovano nella parte occidentale delle Isole della Società e comprendono Huahine, Raiatea, Taha’a, Bora Bora, Tupai, Maupiti e tre atolli: Mopelia, Scilly e Bellinghausen. Con la sua superficie di 430 Km2 e i suoi 35.000 abitanti, vivono principalmente di turismo.

Nella foto, in alto: tramonto a Bora Bora
  • Le Isole Tuamotu sono composte da 76 atolli corallini, che emergono solo di pochi metri oltre il livello del mare. Vi si pratica la coltura intensiva della palma da cocco, principalmente per la produzione di olio. Le isole sono note a chi ama l’oceano e gli sport acquatici, soprattutto le immersioni subacquee per ammirare i fondali di Rangiroa e Fakarava.
  • Le Isole Gambier: le sue 8 isole (le principali sono Aukena, Taravai, Akamaru e Mangareva) e l’atollo Temoe sono profondamente immersi nella laguna. La produzione di madreperla ha reso queste isole famose a partire dal XIX secolo. Impressionante è il complesso architettonico ottocentesco, voluto dai missionari Caret e Leval, che include la cattedrale di Saint-Michel, restaurata nel 2012.
Nella foto, in alto: giardino di Huku Hiva, isole Marchesi
  • Le più vicine all’Equatore, ovvero le Isole Marchesi, includono un atollo e dodici isole, solo metà delle quali sono abitate: Nuku Hiva, Ua Pou, Ua Huka, Hiva Oa, Fatu Hiva e Tahuata. I marchesani chiamano le loro isole “Te Henua ‘Enana” (Terra degli uomini). I panorami sono spettacolari: oltre alle bellezze della flora e della fauna oceaniche, vi sono importanti resti archeologici testimoni della civiltà autoctona. Espressione della cultura locale sono la danza tradizionale (haka), la pratica dei tattoos e la scultura di pietre e legno.
  • Infine, le più meridionali: le Isole Australi. Comprendono cinque grandi isole (Raivavae, Rurutu, Tubai, Rimatara e Rapa) e l’atollo di Maria. Sono molto isolate, ma il clima mite consente di praticare la coltivazione di caffè, papate e vegetali che vengono esportati a Tahiti. L’isola di Tubai è sede della vicenda dell’ammutinamento del Bounty avvenuto nel 1789, il più famoso atto di sedizione della marina del Regno Unito. I marinai, stremati dalla durezza della vita a bordo, si ribellarono al capitano William Bligh, lo abbandonarono su un’imbarcazione di fortuna, presero il comando della nave e si diressero sull’isola di Tubai, dove fondarono una colonia.
Nella foto, in alto: capanne sull’isola di Moorea

Isolate nel centro dell’Oceano Pacifico, le isole di Tahiti distano più di 5 mila Km dalla terra ferma. Per questo, la regione rimase incontaminata e disabitata dall’uomo fino al primo secolo dopo Cristo, quando giunsero i primi flussi migratori dal Sudest asiatico.

La sua cultura fiorì fino al XVIII secolo, con l’arrivo dei primi esploratori e con la conseguente colonizzazione da parte degli Europei. I cambiamenti più profondi si realizzarono con la cristianizzazione e i sovvertimenti della struttura sociale. I primi coloni furono inglesi, ma nel 1842-43 tutto cambiò: le isole entrarono a far parte del Protettorato francese, per diventare poi a tutti gli effetti colonie francesi nel 1880. Il processo di annessione non avvenne senza resistenze. Nel 1946 la regione divenne parte dell’Établissements Français d’Océanie. La costruzione nel 1963 del Centre d’Expérimentation du Pacifique per la realizzazione di test nucleari influì molto sulla situazione socio-economica. Nel 1984 fu garantito uno stato di autonomia, rinforzato nel 2004.

Nella foto, in alto: la spiaggia di Bora Bora

La cultura polinesiana è intrinsecamente legata all’ambiente e ispirata all’Oceano. L’identità del suo popolo può essere sintetizzata nel termine “mana”, che si esprime in varie forme attraverso i riti sacri, la musica, la danza, la pratica del tattoo, gli sport (come il surf o l’arrampicata su palme da cocco), la cucina, l’arte. Le tradizioni, così come i dialetti, hanno elementi comuni tra le diverse isole, pur mantenendo le proprie specificità.

Luana Vizzini

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