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Karate-do. Una via da perseguire e l’importanza dei kata

Traduzione letterale di karate-do. La via della mano vuota.  Ma, cos’è ai nostri giorni il karate-do? Sport. Filosofia di vita. Difesa personale. E, perché no? Ginnastica… Ancora, è arte marziale per antonomasia.  Originaria di Okinawa. Giappone del Sud. Oggi il karate viene praticato in tutto il mondo. Da uomini, donne, bambini e… anziani. Questa disciplina la può  eseguire chiunque e a qualsiasi età. Quali sono le tecniche? Pugni. Calci. Parate. A parte l’efficacia nel combattimento, il karate cerca anche di rendere migliore chi lo fa. Un karateka che si rispetti non inizierà mai un’azione con un attacco. Infatti, ogni kata (combattimento simulato, ndr.) comincia con una azione difensiva. La giusta traduzione di kata, però, è forma. Nei kata, invero, si  evidenziano delle espressioni  estetiche di movimenti  in serie codificati di una disciplina.  Nella cultura del Sol Levante si trovano kata nei settori più disparati. Addirittura, nell’arte. Gli stili del karate? Sono molteplici. I più famosi  sono: Shotokan, Goju-Ryu, Wado Ryu, Shoring Ryu e Shito Ryu. Ma, parliamo del più conosciuto dalla maggioranza. Lo stile  Shotokan. Suo fondatore Gichin Funakoshi. Il padre del karate moderno. In tutte le palestre  dove si pratica, per l’appunto, il karate Shotokan, c’è almeno una sua foto appesa alle pareti. Davanti ad essa, in fase di saluto finale, si recita il Dojo Kun. I celebrati precetti del karate.  Che ogni karateka dovrebbe conoscere a memoria, come l’Ave Maria.

Nella foto, in basso: il famoso Sensei Hiroshi Shirai mentre urla kiai

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Nella foto, in basso: il grande Sensei Takeshi Naito mentre esegue un kata

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Il miglior sensei (maestro di vita, ndr.) di quest’epoca? Non ci sono dubbi. Il maestro Hiroshi Shirai (10 dan). È considerato uno dei più preparati al mondo. Un altro subito a ruota? Sicuramente, il maestro Takeshi Naito (8 dan). Sono, chiaramente, entrambi giapponesi. Funakoshi insegnò nella sua scuola i quindici kata classici di Okinawa. E, in seguito, ad essi se ne aggiunsero altri undici. Questi sono i ventisei kata dello Shotokan. Ognuno dei quali ha un suo nome. L’aspetto tradizionale del karate viene trasmesso principalmente attraverso i kata. In essi sono riconoscibili i diversi stili di karate. Al contrario di ciò che accade nel combattimento  (detto kumite, ndr.) in cui, oggi, non è più possibile riconoscere lo stile di un karateka dal suo modo di combattere.

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                                   Nella foto, in alto: il kata Bassai  Dai. Kata valido per l’esame di cintura nera

Per imparare bene un kata occorrono almeno tre anni. Questo detto giapponese rende chiaro quanto sia intenso lo studio di un kata. E, quanto tempo e impegno richieda affinché possa essere padroneggiato nel suo complesso. Nel karate, però, oltre i kata  ci sono anche i bunkai (applicazioni pratiche dei kata, ndr), i kumite (combattimenti veri e propri, ndr.) e i kion (insieme di tecniche fondamentali, ndr.). La parte più complessa e di studio, comunque, rimane sempre quella del kata.                                                                                                                                                                                                     Oss! (Saluto nel karate).

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Nella foto, in alto: Il saluto del karateka

Stefania Monciardini

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