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I Grandi Maestri del Wrestling in Italia: iniziamo da Red Devil, Fabio Ferrari

Diamo il via, questa sera, ad una parentesi dedicata a quei pochi, grandissimi, che in Italia hanno fatto scuola in tutti i sensi. Partiamo da Fabio Ferrari che, con il ringname di  Red Devil, è probabilmente l’italiano più conosciuto all’estero. Non vi sveleremo chi siano i prossimi, ma… stay tuned!

I veri Grandi, nel nostro paese si contano ancora sulle dita delle mani. Uno dei pionieri di questo bellissimo sport è Fabio Ferrari, aka Red Devil! Com’è? Bello, bello da levare il fiato. Degno della copertina di Vogue quando è vestito e del paginone centrale di Playgirl quando è in attire. Ma l’avvenenza fisica è soltanto la punta dell’iceberg, perché oltre che bello è anche bravo, bravo davvero. Levatevi il cappello e alzatevi in piedi, quando si parla di lui. Ci ha concesso l’onore e il privilegio di questa intervista, quindi sfruttiamo l’occasione e facciamogli tutte le domande che ci vengono in mente.

Ciao, Fabio! Grazie di essere qui con noi. Parlaci un po’ di te, se ti va. Com’era la tua famiglia e com’eri tu, da bambino?

Ciao a tutti i lettori di MondoMarziale, è un vero onore essere intervistato dal vostro portale. Sono nato 32 anni fa a Genova, più precisamente a Voltri, una bella località di mare tra il capoluogo ligure e Savona. Ho avuto un’infanzia molto felice, una bella famiglia, e una grande passione: il Wrestling!

Come è successo che ti sei innamorato del wrestling?

Avevo 6 anni e, girando su vari canali, mi imbattei in uno spettacolo fatto di luci, costumi incredibili e muscoli che da lì in poi avrebbe condizionato la mia intera esistenza. Ricordo ancora il match: Hogan contro Earthquake da Summerslam 1990. Fu un vero e proprio colpo di fulmine. Da lì non ho più smesso di respirare wrestling: a 11 anni feci comprare ai miei la parabola per vedere il mio sport preferito sui canali tedeschi, inglesi e messicani. Inoltre, scambiavo e vendevo videocassette duplicate, avevo un Fan Club con svariati appassionati associati e una newsletter (il tutto rigorosamente via posta). Ancora oggi, a casa dei miei genitori a Genova, ho circa 700 VHS con qualunque show riuscissi a trovare. Ne avevo così tante che molte non le ho nemmeno viste. Iniziai a scoprire il mondo del wrestling giapponese, seguendo principalmente la Michinoku Pro. Amavo le Super J Cup della New Japan, così come la Lucha Libre (CMLL e AAA) che seguivo su Galavision, un canale messicano.

E in casa, come hanno visto questa tua passione? Ti hanno ostacolato o incoraggiato in questa tua scelta?

I miei genitori mi hanno sempre incoraggiato e spronato a seguire le mie passioni. Mio padre è sempre stato un grande atleta, ricordo la casa sempre stracolma di coppe e trofei di corse a piedi, bicicletta e triathlon, quindi sapeva bene cosa significasse avere una passione.

Che sport praticavi, nel frattempo?

Ho praticato ogni sport possibile. Lo Judo mi piaceva molto durante le scuole elementari, ma il primo vero sport che per alcuni anni mise in secondo piano il mio amore per il wrestling fu il Basket. Iniziai a giocare in una piccola squadra di provincia in 2° media, ma mi stava stretta e ben presto mi ritrovai a giocare nel Don Bosco, la squadra giovanile più competitiva della Liguria. Nell’anno Allievi mi ritrovai a fare i Campionati Nazionali e svariati tornei Internazionali in giro per la penisola contro le migliori rappresentanti di paesi come la Croazia.
Il mio mito era Shaquille O’Neal, ma la vera magia del basket l’ho scoperta guardando e riguardando VHS con le finali storiche tra Magic e Bird, Lakers contro Celtics della metà degli anni ’80. Un gioco di squadra come quello non si è più visto sui campi della NBA. La carriera però non è decollata, la Liguria non ha mai avuto grande tradizione di basket ed era dura competere contro la preparazione di altre regioni come l’Emilia, ad esempio. Arrivai in serie D, ma nel frattempo il Wrestling tornò di prepotenza nella mia vita.

Allora raccontaci come sia successo che sia tornato al tuo primo amore, il wrestling?

Avevo 16 anni e scrivevo per un sito internet, credo fosse World of Wrestling. Mi venne proposto dal mio amico storico con cui sono cresciuto a pane e wrestling, Federico, di unirci ad un gruppo di sgangherati senza arte né parte che aveva creato una federazione, la ICW, Italian Championship Wrestling. Il gruppo originale era composto da Emilio (Mr. Excellent), Thierry “Tsunami”, Fulvio “Puck”, Dario “Judge”, Nicola “Frost, Damiano “Raiss” e suo fratello “Kabal”, Nino “Crusher”, e noi due di Genova. Adele “Queen Maya” era la presentatrice/manager.
Gli inizi furono quantomeno epici: ho ancora dei video di allenamenti in vero spirito Backyard sui monti di Quezzi, con gente che portava a spasso il cane che ci guardava come fossimo deficienti. Ed, in effetti, lo eravamo.
I rischi di provare a riprodurre le mosse senza un vero allenatore sono alti ma a 16 anni ce ne fregava davvero poco, dovevamo prepararci per La Legge del più Forte, primo show ufficiale della ICW previsto per il 23 luglio 2001 a, ironia della sorte, Torino, dove oggi vivo. Eravamo Los Anticristos, due fintissimi messicani, secchi come ramoscelli (soprattutto io) e backyarder sino al midollo.

Nella foto, in alto: I giornali parlavano di Fabio già tanti anni fa
Nella foto, in alto: I giornali parlavano di Fabio già tanti anni fa.

E cosa facevate, allora? Come si svolgevano gli allenamenti?

A parte gli “allenamenti” tra ignoranti completi della disciplina di cui ho parlato poco fa, provammo ad allenarci da El Dinamico della IWS. Ricordo che feci un solo allenamento a Torino, dove più che nozioni imparai che il wrestling fa davvero male. Ricordo ancora oggi un back body drop sui tatami senza alcuna base di caduta: rimasi stecchito a terra per un minuto. D’altronde solo oggi capisco il suo punto di vista: i wrestler anni ’70 crescevano a botte, quelle vere. Ai tempi la kayfabe veniva difesa coi denti dai wrestlers: chi riusciva ad entrare nel giro, veniva letteralmente malmenato per testare la sua vera passione e determinazione nell’entrare in quel business. Solo allora gli venivano spiegati i primi rudimenti.

Sappiamo che poi hai preferito andare all’estero: quel trattamento rude è stato il motivo per cui hai deciso di andare via dall’Italia? 

E’ importante fare una precisazione: nel 2000 il wrestling italiano, semplicemente, non esisteva. Fummo i primi scoppiati a tentare di creare qualcosa e, di conseguenza, i nostri inizi non saranno MAI paragonabili a quelli dei wrestlers di oggi. Chi inizia oggi entra in un organizzazione già ben avviata, con la possibilità di imparare da persone con oltre 15 anni di esperienza alle spalle.
Noi ci spaccavamo la schiena, nel vero senso della parola, perchè non avevamo alcuna base e nessun allenatore preparato. Fu principalmente questo il motivo che mi spinse ad andare all’estero.

Chi sono stati i tuoi maestri? Cosa c’è di diverso tra quello che si fa qui in Italia e quello che si fa altrove?

In Inghilterra viveva Roberto Amato, conosciuto nel wrestling italiano come Il Drago, e mi invitò a raggiungerlo per un po’ e allenarmi in vere scuole di wrestling. Così, a 17 anni, partii con un volo Genova-Stansted per un’esperienza incredibile sotto moltissimi aspetti: era la mia prima volta all’estero, ci andavo da solo e soprattutto ci andavo per il wrestling! Mi allenai alla Dropkixx Academy nell’Essex sotto la guida di due leggende del wrestling britannico, Frank Rimer e Tony Scarlo. Quest’ultimo mi colpì in particolare: è un omino basso e tarchiato, ai tempi sulla settantina. Ad un certo punto volle mostrarmi una flying headscissor: chiamò così un allievo ventenne per fargliela eseguire ovviamente, pensai io. Invece, mi stupì quando fu LUI stesso ad eseguirla perfettamente sull’allievo ventenne!
Andai poi alla FWA Academy, quella che era la più attrezzata scuola in Europa all’inizio degli anni 2000, nonchè sede della più interessante federazione europea che ha lanciato nomi come Doug Williams, Jonny Storm e Jody Fleisch. Tornai poi anche l’anno successivo, dopo essermi diplomato, per altri allenamenti sempre in Dropkixx ed FWA, lottando anche per la IPW:UK e per la All Star Wrestling di Brian Dixon, la più importante federazione d’europa (ma ai tempi non lo sapevo) in uno show con Nigel McGuinness e Chad Collyer.
Queste esperienze mi fecero crescere profondamente sotto molti aspetti e mi resero più consapevole di quello che fosse il Pro-Wrestling.

nella foto, in alto: un giovanissimo e già famoso Fabio Ferrari in una puntata di Casa Vianello
Nella foto, in alto: un giovanissimo e già famoso Fabio Ferrari in una puntata di Casa Vianello.

E a quel punto hai deciso di continuare qui, ma di fare sul serio. Cos’è successo e come hai proseguito?

Nel frattempo il gruppo della ICW macinava shows su ring da boxe, ai quali non sono mai mancato e, anzi, decisi di abbandonare il basket definitivamente. I primi match, così come i primi allenamenti, erano devastanti: i ring da boxe sono notevolmente più duri e, contando la nostra scarsa preparazione, il risultato era catastrofico. Con vari sforzi economici però, arrivò dagli Stati Uniti il primo, vero, ring da wrestling della ICW. Per qualche strano motivo, il ring finì stipato in un piccolo magazzino di Quarto Oggiaro, vicino Milano. Molti probabilmente conoscono la pericolosità di quella zona ma noi ne eravamo ignari e, come sempre, a 17 anni “te ne fotti” perché finalmente c’è il ring da wrestling tanto sognato! Così montammo il quadrato in un campetto da calcio e iniziammo a darci dentro. Qui imparai il Lionsault, senza nessuno che me lo spiegasse ma solo provandolo. Non lo dico per vantarmi della cosa, ma solo per far capire quanto sia “semplice” imparare le mosse del wrestling e quanto invece sia estremamente complesso capire che il Wrestling non sono le mosse fatte sul ring…
Tornando al discorso originale, venne sera. Era sabato sera e, sempre inconsci e sprezzanti del pericolo, arrivò una saggia decisione per le nostre schiene: non smontare il ring per potercisi allenare anche il giorno dopo. Ovviamente, talmente non volevamo lasciarlo, che dormimmo tutta la notte sul ring. A Quarto Oggiaro. Di sabato sera. Diciamo che sono felice di poterlo raccontare (ridacchia).

E i tuoi primi match? In che anni siamo, e con chi hai combattuto?

Federico (Di Stefano, aka Amarillo) aveva trovato in Marco Costaguta, pluricampione di Kick Boxing e oggi organizzatore di eventi legati agli sport da combattimento, un valido aiuto nella promozione della nostra disciplina. Così iniziammo, tra gli altri, a esibirci spesso nella mia città, Genova, nel 2002 e 2003. Verso la fine del 2003 iniziò il boom: il wrestling richiamava sempre più interessati e curiosi che, grazie alle trasmissioni di Italia 1, iniziò a seguire la WWE in maniera quasi maniacale. In quel periodo si trovava di tutto legato al wrestling, una vera e propria esplosione del nostro sport. La ICW, di riflesso, ne giovò in maniera assurda. Nel 2004/2005 avevamo addirittura un agente, hotel 5 stelle, spettacoli enormi in Palaport come il PalaLottomatica di Roma, il 105 Stadium di Rimini, con migliaia di spettatori e la possibilità per quei ragazzi sgangherati di lottare al fianco di superstars della WWE.

 

Nella foto, in alto: Red Devilin uno show del 2005 davanti ad undicimila persone
Nella foto, in alto: Red Devil in uno show del 2005 a Roma, davanti ad undicimila persone.

 

Vennero Jamie Noble, col quale lottai allo show di Rimini, Billy Gunn, A-Train, Test, e molti altri.
La realtà, però, era che noi stavamo semplicemente cavalcando l’onda. Ci siamo trovati al momento giusto nel posto giusto, ma nessuno di noi era minimamente preparato per spettacoli di quel livello e, soprattutto, contro avversari di quel livello. Ringrazierò però a vita la mia seconda famiglia, la ICW, di avermi dato occasioni e opportunità impagabili per un ragazzo di 20 anni. Nonostante la mia scarsa preparazione, ogni straniero professionista mi “prendeva per mano” e mi guidava nel match di modo che potessimo offrire al pubblico uno spettacolo di alto livello e, nel frattempo, io imparavo ogni giorno qualcosa di più. Negli anni ho lottato ovunque: Francia, Inghilterra, Spagna, Irlanda, Scozia, Norvegia, Germania, Svizzera, Caraibi, Algeria. Ho avuto l’onore di dividere il ring con Jamie Noble, Matt Morgan, Dick Togo, Cesaro, Sami Zayn, Neville, Juventud Guerrera, Gangrel, Matt Cross. Ho lottato in luoghi stupendi, al PalaLottomatica davanti a 11.000 persone, al PalaAtlantico di Roma, in una spiaggia in Sardegna entrando sul ring dal mare su una piccola barca, in parchi acquatici, in piazze con migliaia di persone. Ho avuto l’onore di essere allenato da grandi di questo sport come Marty Jones, Johnny Saint, Cesaro, Chris Hero, Nigel McGuinness. Ma, soprattutto, ho conosciuto moltissimi esauriti e malati di wrestling come me coi quali ho condiviso esperienze fantastiche.

Nella foto, in alto: trattamento extralusso durante un tour ai Caraibi
Nella foto, in alto: trattamento extralusso durante un tour ai Caraibi

Come lo vedi, tu, il wrestling?

Il Wrestling è una forma d’arte, uno spettacolo incredibile che deve essere preso ed apprezzato per quello che è: uno spettacolo. E’ necessario guardare oltre alla visione sempliciotta, ed un po’ ignorante, del “è tutto finto” e purtroppo il grande pubblico fa ancora fatica a digerire questo semplice concetto, soprattutto in Italia, la patria del “ma io lo saprei fare meglio”. In realtà cambia poco negli altri paesi, ovunque hanno gli stessi identici problemi ad espandere la nostra disciplina. Una cosa però cambia in luoghi come il Regno Unito: la preparazione dei portavoce, i wrestlers. Mi spiego meglio: mi è capitato spesso, anzi spessissimo, di parlare con colleghi italiani che non volessero fare questo piuttosto che quell’altro stile sul ring perchè “tanto al pubblico non piace”. Credo sia una enorme cazzata. Sono invece convinto che al pubblico non piaccia ciò che viene fatto in maniera pressapochista, poco credibile nel nostro caso specifico. Ci sono capisaldi, regole, o più semplicemente BASI che sono fondamentali nel Wrestling così come in ogni altro sport.Se giochi a basket non puoi pretendere di fare giocate alla Michael Jordan se prima non hai imparato a palleggiare, passare la palla, eccetera. Sono BASI.

Red Devil nel 2005 in un match contro Jamie Noble
Red Devil nel 2005 in un match contro Jamie Noble.

In Italia credo che molti abbiano dimenticato questo particolare. Oggi chiunque può fare il wrestler: impara due mosse guardando la tv e, se è un po’ atletico, avrà anche successo, perché il fan medio guarda “la mossa figa” e non lo spettacolo nel suo complesso.
Fare un ammasso di belle mosse buttate insieme senza un senso logico e senza seguire le logiche che questa arte ci impone, non è wrestling. Ma è senz’altro più semplice, occorre sbattersi meno, studiare meno, impegnarsi meno. Vedo ragazzi con un bel talento montarsi la testa perchè il fan del caso lo esalta per un bellissimo moonsault, o per una bellissima manovra. Non è wrestling.
I match di Ricochet ed Ospreay sono eccellenti esibizioni atletiche e sportive, sono atleti incredibili, ma non è wrestling. Non si parla di evoluzione dei tempi. Qualcuno dice “non siamo più negli anni ’80”. Qui però la questione è ben diversa: è giusto evolversi, è giusto che la disciplina subisca dei cambiamenti, dall’inizio del ‘900 ad oggi ne abbiamo visti moltissimi e radicali, ma non si è mai sradicata e persa l’essenza di questa disciplina: raccontare una storia e dare emozioni senza mai far capire fino in fondo dove finisse la finzione e dove iniziasse la realtà, proprio come un vero mago. Oggi la magia è persa e, spesso, si limita nell’esaltare un bellissimo e perfetto gesto atletico.
Con questo non dico che le belle mosse non vadano fatte, anzi, è giusto che ci siano. Oggi ci sono atleti molto più preparati rispetto agli anni ’80 ed è giusto che il wrestling segua il suo corso e si adatti alla richiesta di oggi. Trovo però assurdo e privo di senso perdere l’arte, limitandosi ad una mera coreografia atletica. Il carisma, tuttavia, non si compra. Se dovessi dare un consiglio ai nuovi sarebbe questo: non limitatevi al gesto atletico, ma piuttosto amalgamatelo con l’arte del wrestling studiandovi grandi campioni come Ric Flair, Ricky Morton, Barry Whindam, Curt Hennig, Shawn Michaels, e potrei andare avanti con molti altri nomi. Al grande pubblico il bel gesto atletico genera un applauso, ma non vere emozioni.

Nella foto, in alto: Fabio Ferrari ora, bello come il sole
Nella foto, in alto: Fabio Ferrari oggi, bello come il sole

E ad un certo punto, ti sei ritrovato nelle vesti di maestro… come ci sei arrivato? 

Mi sento sempre molto fuori luogo ad insegnare, perché non reputo di avere l’esperienza necessaria per poter allenare come andrebbe fatto. Ricordo una frase nel libro di Bobby Heenan in cui diceva che, negli anni ’70, per non essere più considerato un “green” (un allievo) occorreva aver effettuato almeno 200 incontri. Io sono quasi a quota 500, e conosco workers inglesi che ne hanno migliaia alle spalle, giusto per dare due numeri.
Detto questo, mi piace molto poter condividere con altri ragazzi la mia esperienza e aiutarli in un cammino che amo, cammino che io stesso ho fatto grazie ad allenatori eccezionali come Marty Jones o Johnny Saint.

Nella foto, in alto: Fabio con Marty Jones (alla sua sinistra) e Johnny Saint (alla sua destra) con alcuni atleti italiani
Nella foto, in alto: Fabio con Marty Jones (alla sua sinistra) e Johnny Saint (alla sua destra) con alcuni atleti italiani

 Chi sono stati i tuoi primi allievi?

Danny Price e Geminy sono i primi allievi che ho portato al debutto e tutt’oggi lottano nel circuito italiano. Continuano tuttavia a prepararsi ed allenarsi costantemente insieme al bellissimo gruppo di allievi che si è creato a Torino. Sono davvero fiero del Team che si è creato a Torino ed è mia intenzione aiutare questi ragazzi a scrivere una parte del Wrestling Italiano. Di recente si è unito anche Jovano, ex allievo della scuola genovese e già visto sui ring italiani come Jake L’Aviatore, che debutterà allo show del 13 maggio a None con un personaggio tutto nuovo.

da sx Danny Price, Blake, Corvo Bianco, Geminy, Io
Nella foto, in alto: da sinistra a destra, gli allievi Danny Price, Blake, Corvo Bianco (alteta ICW) e Geminy al loro debutto con il  maestro Fabio Ferrari

Cosa pensi debba essere, un maestro, nei confronti di un allievo?

Una guida, qualcuno a cui poter chiedere consigli per migliorare sapendo di non ricevere la classica pacca sulla spalla di circostanza ma feedback che gli permettano di portare le proprie perfomances a livelli sempre migliori. Un maestro non deve avere il segreto del successo, ma dare la conoscenza all’allievo permettendogli di arrivare al successo attraverso la costanza e la perseveranza. Il talento ed il genio, da soli, servono a poco.

E come dovrebbe essere, un allievo ideale?

L’allievo ideale è colui che ha FAME di apprendere, colui che vuole davvero arrivare all’obiettivo che ci siamo posti. Colui che sa leggere oltre le parole, che sa interpretare e far suo un concetto. Nel wrestling nello specifico, è colui che è capace di improvvisare quando la situazione sfugge di mano.
Colui che ha passione vera, rispetto profondo (della disciplina e di chi gliela insegna) e perseveranza, non può che avere successo.

Tirando le somme dei tanti anni di carriera, cosa ti ha dato più soddisfazione, cosa rimpiangi di non aver fatto o raggiunto e qual è stato l’episodio che ricordi più intensamente?

Ho visto tanti bei posti, conosciuto tante belle persone, e mi sono tolto tante soddisfazioni. Credo tuttavia che si possa sempre fare di meglio. Molto meglio.
Ciò che più mi soddisfa è quando, a fine show, si avvicina lo scettico di turno, il classico italiano che giudica un libro dalla copertina, il quale invece si è ricreduto grazie alla tua performance e si complimenta sinceramente per “quanto ve le siete date”.

 Sei sposato o fidanzato? Come vede queste tue scelte sportive, la tua attuale compagna?

Sono felicemente fidanzato e la mia compagna mi sopporta in ogni assurda idea mi venga in mente. Non mi supporta invece in tutto, nel senso che a volte è fondamentale nel farmi capire i miei errori.

Secondo te è più importante il carisma o il talento?

Il talento è una dote bellissima, ma senza altri elementi fondamentali serve a poco. Nel Wrestling il carisma è invece una di quelle doti che fanno la differenza.

Recentemente hai lasciato la ICW. Quali obiettivi ti prefiggi di raggiungere, ora?

Voglio dare il mio contributo nel far crescere il Wrestling Italiano grazie alle esperienze che ho fatto all’estero. Ho visto tante belle cose che in Italia non vengono considerate, voglio mettere il pubblico al primo posto perché senza pubblico non esiste lo show. O meglio, a volte esiste lo stesso, ma essere “campione del condominio” non fa per me.
Perché il Wrestling Italiano cresca, si diffonda e venga apprezzato è necessario partire dalle fondamenta: ogni cosa deve essere fatta con professionalità e con l’obiettivo di crescere, dando credibilità ad una disciplina che spesso viene presentata nella maniera peggiore che si possa fare.
Uno spettacolo deve essere godibile dall’inizio alla fine: è un obiettivo a lungo termine, ma ci possiamo arrivare con i mezzi e le collaborazioni giuste. La paura va affrontata a testa alta e non sepolta per mantenere un prodotto mediocre.

Quanto ti hanno dato e quanto ti hanno tolto la ICW in generale e il wrestling in particolare?

La ICW mi ha dato moltissime possibilità e sarò per sempre grato a tutte le persone che hanno creduto in me negli anni, non avrei fatto le esperienze che ho fatto se non fosse stato per loro. Ho ancora molte persone che reputo amici all’interno della federazione, non ho astio con nessuno e anzi ho deciso di staccarmi unicamente per questioni organizzative e artistiche, non certo perché ci siano stati problemi personali con i membri.

 Ora che hai lasciato la ICW, hai intenzione di cambiare gimmick?

Continueranno a co-esistere sia Red Devil che Fabio Ferrari.

 Come ti vedi, fra dieci anni?

Mi vedo ancora a prendere a calci nel culo i giovani che si credono arrivati ancora prima di iniziare.

Perché, secondo te, questo sport che all’estero è sempre più in voga, qui in Italia è sempre considerato una pagliacciata, una finzione e una disciplina violenta?

Come dicevo prima, il cambiamento deve partire da chi il Wrestling lo pratica. Finché ci si lamenterà E BASTA, le cose non cambieranno. Bisogna rimboccarsi le maniche, farsi il culo, ingaggiare solo chi questo sport lo ha studiato e lo conosce, proporre spettacoli di alto livello con lottatori credibili. Se un prodotto piace, prima o dopo verrà notato da chi ha “il soldo”.

 Che ne pensi degli show che in Italia si fanno gratis e degli atleti che non vengono pagati?

Penso che sia un male per tutti. Nel Wrestling Italiano girano pochi soldi e lo sappiamo tutti, ma svendersi e lottare a gratis lo si può fare ad inizio carriera (o per casi particolari, una tantum). Chi lotta gratis manca di rispetto al Wrestling e ai colleghi che si sono fatti il culo per arrivare ad un certo livello.
I promoter che chiamano il lottatore “X” perché lotta gratis si stanno dando da soli la zappa sui piedi, in quanto anche la qualità del loro spettacolo ne risentirà.

Red Devil affronta El Generico, alias Sami Zayn
Red Devil affronta El Generico, alias Sami Zayn

 Cosa si dovrebbe o potrebbe fare, per essere presi maggiormente sul serio dal grande pubblico?

Bisognerebbe iniziare a prendersi un po’ meno sul serio e credersi un po’ meno bravi: nel wrestling montarsi la testa è semplice ed è quasi una regola che ognuno sia in realtà dieci volte meno bravo di quanto in realtà sia convinto.
I lottatori dovrebbero darsi da fare per migliorare le loro prestazioni sul ring, avere l’umiltà di chiedere a chi ne sa più di loro e assorbire ogni nozione come fosse oro colato, per poi scremare tutto e farsi una propria idea basata sull’esperienza. Investire sul proprio fisico allenandosi seriamente in palestra e a tavola. La storiella del “il mio fisico più di così non migliora” detto da individui “secchi” che non pesano più di 70kg non sta in piedi: io ero 68 kg e ora ne peso 100. Investire sull’immagine: un paio di boots e un costume professionale costa, ma è necessario per essere presi sul serio. Lottatori con stivaletti dell’Adidas e costumi abbozzati farebbero meglio a stare a casa, per il Wrestling e per loro stessi. Sarebbe già un buon inizio… (ridacchia)

Nella foto, in alto: Fabio sul ring EPW contro MVP, Austin Aries, ed Eddie Edwards
Nella foto, in alto: Fabio sul ring EPW contro MVP, Austin Aries, ed Eddie Edwards

Come vedi tutte queste federazioni che si fanno i dispetti tra di loro, piuttosto che collaborare?

Funziona così ovunque. Pochi giorni fa ho saputo che una federazione francese ha cancellato il suo show in cui ero Bookato (venduto ad un comune) perché altri promoter hanno parlato con lo stesso comune dicendo che gli avrebbero potuto vendere lo stesso spettacolo per molti meno soldi.
La collaborazione tra federazioni è una delle più grandi cagate che possano esistere. Sono anni che sento proclami di come tutte le federazioni italiane dovrebbero unirsi sotto un’unica bandiera “per il bene del Wrestling Italiano” e sono fermamente convinto sia una delle più grandi cagate mai dette: mi piacerebbe capire da questi fenomeni, nel dettaglio, come pensano una cosa del genere possa giovare al Wrestling Italiano. Quello che serve sono Promoter seri e motivati a far espandere il Wrestling proponendo un prodotto di qualità e che sappiano vendere il proprio prodotto ad investitori interessati a fare crescere questo Business.

E ora svelaci il tuo progetto più a breve termine: sappiamo che hai in programma uno show tuo a maggio! Puoi darci qualche anteprima succosa in proposito?

Il progetto FIW Federazione Italiana Wrestling nasce da una mia idea, un mio progetto in cantiere da molti anni, unito alla voglia di proporre un prodotto di qualità al pubblico italiano con un grandissimo Team che mi sta aiutando nell’organizzazione del nostro primo spettacolo. Chi gestisce e decide però non sono né io né nessuno dei miei allievi, ma una persona con una grande passione per il Wrestling che ha creduto nel nostro progetto e ha deciso di aiutarci nella sua realizzazione.
Il primo show si svolgerà Sabato 13 Maggio 2017 alle ore 21 presso il Palasport di None, a due passi da Torino.
La card è già interessantissima: al momento sappiamo che faranno parte del roster atleti di primo livello come Drake Destroyer, Cash Crash, Red Scorpion, Andres Diamond, Leon, Vincent Napoleone (aka VP Dozer), il sottoscritto ovviamente, Danny Price, Geminy, oltre a tantissime sorprese che verranno rivelate solamente durante lo spettacolo. Gli atleti presenti non saranno solamente quelli annunciati… Il tutto presentato dalla voce del Wrestling Italiano Manuel Orlandi!
I biglietti sono già disponibili in prevendita sul sito www.ticketgold.it
Per seguire tutti gli aggiornamenti visitate la pagina della FIW su Facebook all’indirizzo www.facebook.com/federazioneitalianawrestling  Seguitemi inoltre sulla mia pagina Facebook su www.facebook.com/devilprowrestling

Nella foto, in alto: la locandina dell'evento FIW di maggio... Non mancate!
Nella foto, in alto: la locandina dell’evento FIW di maggio… Non mancate!

Grazie, Fabio! È stato un vero piacere scambiare due chiacchiere con te. Di sicuro non mancherem0 al tuo show!

                                                                                                                                                                      Erika Corvo

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