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Hardcore Cassi: il wrestling a livello terapeutico per guarire dalla ludopatia.

Nella varietà dei personaggi che vi abbiamo finora presentato, eccovene uno ancora diverso dagli altri: Nadir Cassina, o Hardcore Cassi, come preferite. Abbiamo detto e ribadito più volte di come i personaggi che salgono sul ring non siano che l’altra metà di loro stessi: quello che la società vorrebbe tenere nascosta e non lasciar mai trasparire, la metà in ombra che talvolta bisogna tenere a bada. Nadir è riuscito a tenere a bada la sua metà oscura, vincere la ludopatia e trasformarla in qualcosa di positivo! Ce lo facciamo raccontare?

Ciao, Nadir! È un piacere averti con noi, oggi! Vuoi raccontarci qualcosa della tua vita? Chi sei, da dove vieni e come è stata la tua vita?

Ciao a tutti! All’anagrafe sono Nadir Cassina, nato il 29 maggio 1989, bergamasco DOC. Ho visto la luce a Gavarno, una piccola frazione di Nembro dove quasi tutti si conoscono. Nel ’97 mi sono trasferito con i genitori a Villa Di Serio, un altro paese della Valle Seriana, un luogo veramente incantevole. Sono figlio unico. In tono scherzoso, dico sempre che i miei genitori, appena mi hanno visto, hanno detto: “Ok, basta! Uno è sufficiente”. Ho trascorso la mia infanzia più che altro in casa dei nonni materni, da quando ero piccolino fino a metà delle scuole medie: con mio padre operaio edile e mia madre cameriera in un ristorante self-service, chi aveva il tempo di badare a me? Dovevano lavorare, così mi portavano dai nonni e potevo vederli e stare con loro solo alla sera e nel weekend. Nonostante il tempo diviso tra tutti loro, i rapporti erano più che buoni e ho tanti, tanti bei ricordi: le escursioni in bici col papà, le giornate a pescare e le camminate in montagna. Mia mamma mi ha sempre aiutato nei compiti e mi ha sempre dato tutte le attenzioni, ma il periodo più bello era in estate, quando si andava in campeggio al lago di Garda.

Nadir in braccio alla suora, con i compagni di asilo
Nella foto, in alto: Nadir in braccio alla suora, con i compagni di asilo

Lì si stava bene e mi ero fatto molti amici, ed è stato un vero piacere poterli poi ritrovare, a distanza di quasi vent’anni, sui social network. Mi ha fatto piacere sapere in che modo sia proseguita la loro vita e che stiano tutti bene. Mia nonna? Ai fornelli, per me, batte i miglior chef stellati della tv, e come potrete immaginare, da lei non solo non ho certo patito la fame, ma ancora oggi guai se saltassi di pranzare da lei, la domenica! Le passeggiate in collina con mio nonno e uno zio erano piacevolissime e rilassanti, in più aiutavo mio nonno in alcuni lavoretti manuali ed era un piacere prendermi cura dei cani dello zio. Mi è spiaciuto molto quando questi ci ha lasciati, ormai molti anni fa. Dall’accudire i sui cani è nato il mio sogno di fare il veterinario. L’asilo l’ho frequentato quando ancora eravamo a  Gavarno. Era gestito dalle suore ma nonostante ciò, o forse proprio per questo sono cresciuto non credente. A quei tempi, tra bambini ci si divertiva con poco: calcio, nascondino e tutto quel genere di giochi che oggi non ci sono più e li si ricorda con rimpianto.

E a scuola, com’eri?

Nella foto, in alto: il piccolo Nadir
Nella foto, in alto: il piccolo Nadir

Ero un tipetto permaloso e piangevo per ogni piccolezza. Alle elementari, in classe eravamo in undici, e nonostante con alcuni di loro mi trovassi proprio bene, diciamo che non ero molto socievole! Affiatati, lo eravamo molto in ogni caso, perché oltre ad essere in classe assieme giocavamo a calcio tutti nella stessa squadra, la Gavarnese. Lo spunto giusto perché anche durante l’intervallo si giocasse a calcio, ma rimanevo sempre piuttosto scontroso con tutti. Sono sempre andato abbastanza bene in matematica e geometria. Tallone d’Achille: le lingue straniere. Difatti, quando dalla terza elementare in poi hanno incrementato le ore di insegnamento di inglese, ho avuto un po’ di problemi con i voti che iniziavano a scendere. Del periodo delle medie non conservo dei bei ricordi. Ero in classe con alcuni compagni che conoscevo dall’asilo ma la cosa non mi ha aiutato molto ad inserirmi. Magari sarà stata colpa soltanto del mio carattere, ma quei tre anni li ho vissuti piuttosto male. La lingua straniera era francese. Già non sono portato per le lingue, cambiare di botto mi ha messo una gran confusione in testa e, non solo non ho imparato quasi nulla, ma ho anche dimenticato quel poco che avessi appreso di inglese! Questo, una volta cresciuto, non mi ha impedito di godermi i miei bravi viaggi all’estero. Vi sembrerà ridicolo, ma la volta che sono stato in Olanda, non molto tempo fa, sono riuscito a farmi capire gesticolando, con contorno di dialetto bergamasco! Rido ancora adesso, quando ci penso!!!

nella foto, in alto: ad un italiano verace basta gesticolare per farsi comprendere all'estero
Nella foto, in alto: ad un italiano verace basta gesticolare per farsi comprendere all’estero

Nel periodo dell’adolescenza, le mie relazioni col prossimo sono ancora peggiorate. Coi compagni c’erano discussioni di continuo per futili motivi. Si litigava di brutto e si arrivava alle mani con chi parteggiava per gruppi musicali diversi da quelli che amavi tu. Se non facevi parte di un gruppo non venivi calcolato. E infine c’era l’ansia per le prime cotte e i complicati rapporti con le ragazze, che a quell’età restavano sempre regine di un mondo incomprensibile. Anche se non sono mai stato bullizzato in modo pesante, erano in molto a deridermi e farmi brutti scherzi, tanto che a volte mi passava la voglia di andare a scuola. Fosse stato per me, mi sarei ritirato volentieri! Va da sé che il mio rendimento scolastico non fosse tra i migliori. Mi limitavo al minimo indispensabile e in terza ho rischiato di essere bocciato. Un insegnante di cui non ricordo nemmeno il nome mi disse che, con i voti che avevo, avrei potuto fare soltanto il manovale o andare a zappare la terra. Ne rimasi amareggiato, mortificato: fu una vera coltellata, e il mio sogno di fare il veterinario naufragò miseramente dopo quella frase. Soltanto molti anni dopo, ho capito che quelle parole probabilmente volevano essere di stimolo, un pungolo a migliorare il mio impegno. Ma come ho già detto, avevo un carattere debole, ombroso e covavo risentimento per ogni cosa.

Nessun adulto dovrebbe dire queste cose ad un ragazzo: ti rimangono dentro, sono semi di cattiverie gratuite che col tempo mettono radici e non riesci più ad estirparle dalla testa. E quindi, in che modo hai portato avanti gli studi?

Nella foto, in alto: a scuola di meccanica (foto di repertorio)
Nella foto, in alto: a scuola di meccanica (foto di repertorio)

Oltre al veterinario mi sarebbe piaciuto tanto diventare cronista sportivo, lo sport mi è sempre piaciuto e mi avrebbe entusiasmato raccontarlo e dare emozioni. Ma avrei dovuto andare alle superiori, magari al liceo classico, e non ne avevo la minima voglia. In una sorta di autopunizione, decisi che se proprio mi volevano manovale, manovale sarei diventato davvero. Mi iscrissi all’ITIS per un triennio in cui avrei studiato per diventare metalmeccanico. La cosa aveva comunque dei lati positivi: almeno sarei rimasto assieme ad alcuni compagni e non mi sarei trovato completamente da solo in una scuola nuova. Ricordo che il primo giorno ero terrorizzato ed elettrizzato al tempo stesso, non sapevo cosa aspettarmi. Ma sì, dai, alla fine non si è dimostrata una cattiva scelta. Sono stati tre anni decenti. Alti e bassi, ma tutto sommato mi è andata bene. Durante le vacanze estive del secondo anno, ebbi l’opportunità di guadagnare qualche soldino lavorando per una piccola azienda il cui proprietario era un conoscente di mia madre. Io mi trovai bene con loro, e loro si trovarono bene con me. Mi dissero che se avessi terminato il triennio mi avrebbero assunto, e così è stato. Dopo solo due settimane dal diploma ero già inserito nel mondo del lavoro. Pensate che ho lavorato per quella piccola azienda quasi nove anni! Ho cambiato ditta nel 2014 per motivi personali, e anche col nuovo lavoro mi trovai molto bene: è una grossa azienda, la paga è buona e sono assunto a tempo indeterminato!

Beh, tutto sommato, una vera fortuna! E quanto a sport, come sei messo?

Nella foto, in alto: Nadir con i compagni di kickboxing
Nella foto, in alto: Nadir (in basso a sinistra) con i compagni di kickboxing

Lo sport non è quasi mai mancato nella mia vita. Ho praticato nuoto e calcio ma nell’inverno del 2000 decisi di provare qualcosa di diverso, così iniziai a praticare kick boxing. Mi ha dato molte soddisfazioni e ho avuto dei bei risultati; terzo classificato ai campionati regionali e quattordicesimo ai campionati italiani. Teoricamente sarei anche campione regionale ma più che una vittoria è un aneddoto tragicomico. Si veniva smistati in categorie in base a peso, età e grado di cintura. Purtroppo o per fortuna, mi ritrovai con un solo avversario, e già così sarei stato primo o secondo per forza di cose. Bene, mi preparo per affrontarlo, arriva il giorno della gara, lo attendo sul tatami, chiamano questo unico mio avversario una volta… due volte… e a quel punto era chiaro che non si fosse presentato, chissà per quale motivo. E che razza di campione regionale ero, che avevo vinto solo perché non c’era nessun altro? Ero talmente arrabbiato che quando l’arbitro è andato per alzarmi il braccio in segno di vittoria mi sono tirato indietro gettando via i guanti. Per quanto riguarda la coppa, ho mandato mio papà a ritirarla perché avevo vergogna. Qualche pregio ce l’ho anch’io: sono onesto! Preferisco perdere dando il massimo, che vincere per mancanza di avversari. Nel 2006 purtroppo, durante un match d’allenamento, subii un brutto colpo al ginocchio. Mi faceva un male terribile, ma i medici mi avevano rassicurato dicendomi che era solo una brutta contusione. Ritornai ad allenarmi dopo la settimana di riposo che mi avevano prescritto, ma il dolore non passava. Un giorno crollai a terra e dovetti star fermo per diversi mesi. Un brutto rospo da ingoiare, per un ragazzo giovane che ha tanta voglia di far sport. Pensai fosse dovuto magari anche al mio improvviso sviluppo fisico: mi ero alzato molto, quell’anno, ed ero quasi un metro e ottanta per soli cinquantotto chili di peso. Con occhi realistici mi vidi troppo esile. Allora, per un lungo periodo, oltre alla riabilitazione per rafforzare il ginocchio feci molta palestra per irrobustirmi e aumentare la massa muscolare. Tornai infine al kick boxing e arrivai alla tanto sospirata cintura nera. Ma il dolore ritornò. Solo dopo una risonanza magnetica saltò fuori che avevo una lesione al legamento crociato e questo significava che avrei dovuto subire un’operazione con il laser. E riguardo a questo ho un aneddoto da raccontarvi: la giornata che ho dovuto passare un giorno in questa clinica era già di una noia mortale, ma il peggio è arrivato la notte! Erano in stanza con me tre uomini piuttosto anziani che, appena addormentati si sono messi a russare in coro così forte che sembrava di stare in una segheria a pieno regime di lavoro! Tornarmene a casa la mattina seguente è stata una liberazione! Dopo l’operazione decisi di prendere una pausa dallo sport. Pensavo di tornare presto in azione, e invece il periodo di inattività è durato quasi quattro anni.

Che differenze ci sono tra il kickboxing e il wrestling? Quali sono le differenze che saltano agli occhi subito?

Nella foto, in  alto: protezioni da kickboxing
Nella foto, in alto: protezioni da kickboxing

La differenza è tanta. È risaputo che il wrestling sia uno “sport spettacolo”, in cui atletica, tecnica e interazione con il pubblico formano uno spettacolo straordinario adatto a tutti. La kick boxing, di spettacolo, ha poco. Per elencare solo le differenze più appariscenti, possiamo dire che praticare questo sport significa allenamenti intensi a livello di cardio e potenziamento muscolare, saper dare pugni e calci in modo corretto, e poi si hanno molte più protezioni da indossare: caschetto (con o senza visiera in base all’età), paradenti, bende per polsi, guantoni, paraseno per le donne, sospensorio per gli uomini, calzari e paratibie. Nella kick boxing, poi, ci sono vari stili o categorie: semi contact, light contact, full contact, low kick, e altre ancora… 

Semi contact, a grandi linee, è simile alla scherma: si svolge in un round da due minuti in cui basta colpire l’avversario in modo corretto. Ci si ferma in modo che l’arbitro assegni il punto e poi si ricomincia.

Light contact è un po’ più impegnativo perché è un mix perfetto di velocità e potenza e ci si ferma molto meno in confronto al semi contact.

Nel full contact, invece, sono legnate su legnate e si viene fermati solo in pochi casi.

Ci sono diverse cinture che rappresentano il livello raggiunto: bianca, gialla, arancio, verde, blu, marrone e infine la nera (che a sua volta ha diversi livelli)

Gli esami di assegnazione della cintura fino a marrone sono esami di pura pratica, in cui viene richiesto di eseguire una o più tecniche nel modo corretto.

L’esame di nera invece è molto più complesso e viene chiesta anche la parte teorica, arbitraggio, origini dello sport e, in alcuni casi, anche alcune nozioni di anatomia. Dal momento in cui si viene tesserati in uno sport da combattimento, la legge ti considera una vera arma vivente e le tue mani un’arma bianca. Non puoi permetterti di usare tecniche di lotta durante risse e litigi, a meno che non si tratti di legittima difesa in caso si venga aggrediti.

Un’altra differenza è che nella kick boxing talvolta ci si fa male ma si recupera in fretta. Nel wrestling, sbagliare una volta? Beh, rischi di rovinarti davvero.

E il wrestling, da dove spunta fuori?

Nella foto, in alto: Chris Benoit, l'idolo di Nadir
Nella foto, in alto: Chris Benoit, l’idolo di Nadir

Nella seconda metà degli anni ’90 trasmettevano alla domenica mattina la WCW su Italia 1 e il primo incontro che vidi fu tra Sting e Diamond Dallas Page. Ero piccolo, e questo spettacolo colpì la mia fantasia affascinandomi dal primo momento, ma la vera passione esplose quando vidi lottare per la prima volta Chris Benoit. Non era molto grosso: un metro e ottanta per cento chili di peso, e a confronto con i giganti come Hulk Hogan, Kevin Nash, Goldberg sembrava proprio minuscolo, ma aveva quella determinazione e quello stile di lotta in grado di eleggerlo a mio beniamino e farmi innamorare di questo sport. Mi piaceva così tanto che a volte facevo pressione su mia madre perché mi facesse saltare il catechismo e restare a casa a vedere lottare il mio idolo. Non mi sono mai perso una puntata e ho ancora a casa le videocassette  registrate. Non contento, volevo vedere anche Monday Night Raw e i principali PPV della WWE. Nel 2005 mi appassionai anche alla TNA ed era impossibile rimanere indifferenti alle pazzesche acrobazie mai viste prima di AJ Styles. Amore a prima vista! Anche Christian Cage era bravissimo e mi piaceva da matti. Per i Tag Team, impazzivo per il Team 3D (i Dudley Boyz) e i LAX.

Era il 24 giugno 2007: una data che non dimenticherò. Mentre i miei genitori stavano guardando il tg, trasmisero la notizia della tragica morte di Benoit ( un  caso di omicidio-suicidio). Per me fu uno choc, il crollo di un mito, una tragedia nella tragedia. Per alcuni anni non volli nemmeno più sentir parlare di wrestling. Italia 1 tolse repentinamente il wrestling dalla scaletta dei suoi programmi in chiaro, ma a quel punto non mi interessava più.

E poi? Nonostante questo, non hai mollato. Cosa è successo?

Nella foto, in alto: Nadir si allena con la bellissima Mary Cooper
Nella foto, in alto: Nadir si allena con la bellissima Mary Cooper

Per pura curiosità, nel 2012, cercai in internet se vicino a Bergamo, o almeno in Italia ci fossero scuole di wrestling. E che vi devo dire? C’erano eccome, le scuole! Una era proprio a dieci minuti da casa mia, oltretutto! Meglio di così?! Bene, c’era un corso alla palestra “InForma” di Gorle: la patente ce l’avevo, e allora vado di corsa a dare un’occhiata. Mi presentarono l’allenatore, Alberto (Kobra). All’inizio ero terrorizzato: lui mi sembrava un diavolo e tutti erano bravissimi! Cosa avrei potuto combinare, là dentro, che avevo l’agilità di un fermacarte? Ma Kobra è un uomo eccezionale e gli ci vollero soltanto pochi minuti a farmi capire che in realtà non fosse così terribile come poteva sembrare, ma, al contrario, un tipo tranquillo, alla buona. Cosi feci la lezione di prova gratuita, e andò tutto bene. Il gruppo era molto eterogeneo. C’erano dei veri colossi come Taurus, Horus, Marzio Silva e Goran, ma anche gente di stazza minore come Dinamite Jo, David Silas, Tenacious Dalla, Ombra e Leon il Sergente di Ferro. Tutto questo mi fece una buona impressione, e fu così che decisi di iscrivermi al polo ICW di Bergamo. In seguito si iscrissero altri allievi tra cui Miroslav Mijatovič, un piccolissimo Akira, Mary Cooper, Rust, Dagon, Gul’ha lo Sciamano e Hector el Panzero. Inizialmente era solo un hobby, non avrei pensato di continuare e di arrivare lontano. Durante i primi allenamenti ci facevano fare le capriole, le prime prese come le hammerlock, e le headlock, ma la cosa importante era imparare a cadere, in gergo, bumpare: se non sai attutire le cadute, col cavolo che ti fanno salire sul ring.

E il tuo primo match? Te lo ricordi?

La mia prima apparizione sul ring, a livello lottato è avvenuta dopo circa due anni e mezzo di allenamenti. Ero molto teso nonostante fosse un incontro cinque contro cinque a eliminazione e sarei uscito di scena quasi subito: eravamo io, Riot, Geminy, Danny Angel e Charlie Kid contro Doblone e la sua ciurma, e venni eliminato per count out dopo un pestaggio di tre contro uno. Nel wrestling una cosa importante è la gimmick, cioè il personaggio che interpreti, e al debutto non l’avevo. Nel 2015 debuttai in singolo contro Mijatovič con il nome di Hardcore Cassi. Un nome bello cazzuto, da fighter aggressivo. Ho ricordi molto positivi di quel match. Non nascondo che Miroslav sia uno dei miei avversari preferiti ancora oggi. Mi piaceva, ero al settimo cielo, finalmente potevo dire di essere anch’io un wrestler a pieno titolo. Non mi sentivo così felice da molto tempo, ma alcune persone, soprattutto quelle che avevo più vicine e a me, non vedevano la cosa dal mio stesso punto di vista: mia nonna (ancora oggi) ha paura che possa farmi male, i miei genitori non erano per niente felici di questa scelta e cercavano sempre di convincermi a farmi tornare alla kick boxing. La mia fidanzata diceva che questo sport mi portava via del tempo che avrebbe voluto dedicassi a lei, e ancora oggi mia nonna ha il terrore che possa farmi male seriamente. Per calmare le acque decisi di prendermi un periodo di stop dal wrestling e ritornare a fare kick boxing, ma adesso ero io quello che non era per niente felice!

Ma non è assurdo che delle persone, per quanto care e vicine, si sentano in diritto di importi quello che secondo loro sia lo sport più adatto a te, quando tu invece sostieni delle scelte precise? In base a cosa stabiliscono che la kickboxing fa per te e il wrestling no?

Nella foto, in alto: la entry marziale di Hardcore Cassi
Nella foto, in alto: la entry marziale di Hardcore Cassi

Mah, che devo dire? Probabilmente non avevano la più pallida idea di cosa fosse il wrestling e cosa rappresentasse, per me. Mentre mi hanno visto combattere sul ring di kick boxing, non sono mai venuti a vedere un allenamento di wrestling e tantomeno mi hanno visto sul ring della ICW. Forse il troppo affetto a volte diventa oppressivo nonostante tutte le buone intenzioni…

E alla fine, queste imposizioni sono state eccessive e il risentimento covato per tutti questi anni ha preso una brutta piega, è così?

 Qui purtroppo inizia un capitolo della mia vita molto negativo, e ancora adesso che le cose brutte sono state superate, non mi è facile parlarne, credetemi. Tutti abbiamo dentro di noi sentimenti negativi che in qualche modo riusciamo a sfogare, a cacciare via dalla nostra mente. Risentimenti, rancori, invidie, frustrazioni, rabbia… Io non ci riuscivo, mi tenevo tutto dentro. Oltretutto, non volendo ferire le persone a me care, dicevo sempre di sì a tutto quello che mi dicevano di fare. Avevo paura di dire loro chiaro e tondo quello che pensavo, che io avrei voluto fare. Vivevo la loro vita, le loro scelte, incapace di imporre le mie! Dover lasciare il wrestling fu la goccia che fece traboccare il vaso, e allora sono scattati dentro di me dei meccanismi di autolesionismo. Forse per incapacità di uscire dalla situazione che si era creata, non sapendo come sfogare tutto quello che di negativo avevo dentro, feci la cosa più sbagliata: iniziai a giocare alle slot machine. Non ero uno che si indebitava o che chiedesse soldi ad altre persone per giocare, intendiamoci! Mi sono sempre arrangiato col mio stipendio. Ma come tutti i ludòpati, giocavo sempre più forte. Non mi rendevo conto del casino che sarebbe successo se avessi proseguito per quella strada o se la cosa fosse venuta a galla.

E allora? Che successe?

Nella foto, in alto: l'incubo oscuro della ludopatia
Nella foto, in alto: l’incubo oscuro della ludopatia

La verità alla fine saltò fuori, nel 2015: mi beccarono in flagrante la mia ex fidanzata e sua madre. Dio mio, che figura! Avrei voluto sparire, sprofondare sottoterra, partire per il Polo Sud! Quella sera stessa mi misero alle strette non mi rimase che confessare. A quel punto, non avevo più scelta: dovevo assolutamente recuperare la fiducia che avevo buttato nel water delle persone a me più care e riprendere in mano la mia vita. Nel modo giusto, qualunque cosa questo significasse.

Ti sei finalmente reso conto di avere una personalità troppo remissiva. Come sei riuscito a modificarla? Ti imponi ogni volta di avere reazioni diverse alle sollecitazioni altrui? Sei cambiato in modo automatico una volta focalizzato il problema? Come sei riuscito a modificare i tuoi rapporti con gli altri?

Dovevo assolutamente uscire da questo tunnel. Cercai uno specialista nel settore, e mi rivolsi ad uno psicologo bravo. Ci vollero molte sedute per focalizzare quali problemi avessi e in seguito, come risolverli. Venne fuori che avrei dovuto imparare a dire quello che pensavo chiaro e tondo, impormi in modo fermo evitando comunque di offendere o di aggredire. Lo psicologo mi faceva parlare a ruota libera, dovevo dire tutto ciò che sentivo. Ogni tanto infilava qua e là le domande giuste, quelle a cui rispondendo avrei trovato la radice del problema. Ebbene sì: era davvero la rabbia repressa ad aver causato tutto questo danno. Lo psicologo mi diede dei compiti da eseguire: scrivere tutti i giorni ciò che sentivo, non avere più paura a dire quello che pensavo, uscire coi soldi contati… Alla fine i suoi consigli si sono rivelati vincenti. Ne sono uscito! Con il wrestling potrò vincere tutte le cinture del mondo, anche quelle della WWE, ma il mio match migliore è stato questo. 

E ora, chi è Nadir Cassi? In che misura è cambiato?

Nella foto, in alto: Nadir torna sul ring da vincente
Nella foto, in alto: Nadir torna sul ring da vincente. (da sinistra a destra: Nadir, Trevis, Gabriel Bach e Manuel Majoli)

Da una parte sono ancora la persona che sta nel suo e che non cerca rogne, ma sono cambiato. Cambiato davvero, profondamente, radicalmente. Ora sono più di tre anni che non gioco. Se entrando in un bar vedo una slot machine, non mi fa né caldo né freddo. Non mi viene più l’istinto di buttare via dei soldi in quelle schifezze e, soprattutto, se devo dirti qualcosa non mi faccio problemi. Ora mi sento libero e spensierato, come se fossi rinato. Sono molto più sicuro di me e cammino a testa alta. Ho riconquistato la fiducia dei miei genitori. Con i genitori di quella che era la mia ragazza sono ancora in buoni rapporti. Sembrerà stupido, ma se non fosse stato per quello sbaglio, sarei rimasto un debole e un frustrato per il resto della vita.  Non sarei la persona che sono ora. Non nascondo più i miei sentimenti negativi: è giusto che chi ho davanti sappia chi sono io, cosa voglio e cosa no, con che tipo di persona abbiano a che fare. Ora riesco anche a fare ridere la gente, e questo mi piace, è una conquista. Di tutto questo devo ringraziare sicuramente lo psicologo, ma anche la mia famiglia, quella della mia ex ragazza (compresa lei, ovvio) e tutti gli amici che mi sono stati vicino fino ad oggi.

E tornando sul ring? Cosa è cambiato?

Nella foto, in alto: Hardcore Cassi, "la Rabbia Repressa"
Nella foto, in alto: Hardcore Cassi, “la Rabbia Repressa”

Sono tornato a praticare il wrestling perché è parte di me, ed ora più che mai ne sono consapevole. Un giorno, mentre ero in vacanza, ero disteso sul letto a riflettere, considerando un possibile personaggio da interpretare sul ring. Allo stesso tempo pensavo a come potessi trasformare la rabbia negativa che avevo in qualcosa di positivo. Un gran casino insomma, ma poi mi venne l’ispirazione: buttare fuori da me tramite un personaggio da portare sul ring tutto ciò che mi faceva male, tutta la negatività che magari col tempo si sarebbe riformata. Se all’inizio mi sembrò una sciocchezza o addirittura una cosa folle, si rivelò la soluzione: creare un personaggio rancoroso, violento, che facesse della rabbia e della sete di vendetta i suoi principi di vita. Proposi la faccenda al presidente ICW e l’idea venne approvata: così è nato Hardcore Cassi, “La Rabbia Repressa”. C’è stato anche un altro cambiamento positivo! I miei genitori hanno accettato la mia scelta e se non ci esibiamo troppo lontano da Bergamo, a volte vengono a vedermi combattere e a fare il tifo per me.

So che non sono in molti a conoscere questo tuo retroscena, eppure hai deciso di renderlo pubblico e condividerlo con noi e i nostri lettori. Quali pensi che potranno essere le reazioni di amici, colleghi e compagni di roster? Hai paura della cattiveria umana o sei sereno?

Ora sono sereno perchè mi sono liberato dei miei demoni. Soltanto in pochissimi sapevano di questa cosa. Delle reazioni altrui, di cosa possa pensare la gente, francamente non mi interessa più, e  tutti abbiamo i nostri scheletri nell’armadio. Chi non lo ammette, mente. Chi mi conosce da anni, si è dimostrato amico e mi è rimasto accanto, ha visto i miei cambiamenti. Se qualcuno mi volesse prendere in giro, deridermi o mettermi alla berlina per quello che ho passato, dimostrerebbe solo la sua immaturità, perché queste cose possono capitare a tutti. Tutti. Perfino tanti santi erano peccatori pentiti. Ma quando si tratta di criticare gli altri, sono tutti bravi. Quando si parla di loro stessi, sono tutti perfetti! Io non sono perfetto e nemmeno voglio esserlo. Sono solo un essere umano con pregi e difetti, e se ho deciso di metttermi in piazza è perché vorrei far capire a tutti quelli che stanno vivendo la situazione che ho vissuto io, da ambo i lati della barricata, che c’è una via d’uscita: basta volerlo!!!

Quali sono i tuoi sogni per il futuro?

Nella foto, in alto: Nadir fa volontariato al canile
Nella foto, in alto: Nadir non è diventato veterinario ma almeno fa volontariato al canile

Mi auguro di continuare a vivere la mia vita al meglio con i suoi alti e bassi, di riuscire ad avere la forza per affrontare di petto ogni sfida quotidiana Ho avuto anche la forza di compiere un bel passo in avanti andando a vivere da solo due anni fa. Mi sono reso autonomo ma voglio sempre e comunque avere vicino la mia famiglia, i miei affetti più cari! Alcuni mi dicono che avrei bisogno di una fidanzata per stare bene davvero, ma per ora direi che va bene così. Ho la mia famiglia, il lavoro, il mio sport, da sei  mesi faccio anche volontariato al canile, quindi ho l’agenda piena. Magari piu avanti si vedrà, e anche se oggi vedo tanti miei coetanei sposati o con figli, sono felice lo stesso.

Se ti chiedessero un’altra volta di abbandonare il wrestling?

Direi no, assolutamente! Per me è importante: voglio coltivare le mie passioni e le portare avanti le cose in cui credo. Come tutti, per un buon equilibrio psicofisico, ho bisogno dei miei spazi.

Lo consiglieresti ad altri ragazzi con problemi come valvola di sfogo alle frustrazioni represse?

Un approccio al wrestling può essere liberatorio e divertente allo stesso tempo, ma non posso dire che lo consiglierei perché ognuno è fatto a modo suo. Con me ha funzionato, ma con altri magari no. Quello che consiglierei a chiunque è di non aver paura ad ammettere la realtà, bella o brutta che sia, e di non aver vergogna a chiedere aiuto se ne avesse bisogno.

Cos’è, per te, il wrestling?

Nella foto, in alto: Hardcore Cassi con la nostra Erika Corvo
Nella foto, in alto: Hardcore Cassi con la nostra Erika Corvo

È la mia passione, la mia valvola di sfogo, lo sport che mi ha salvato e che mi ha permesso di essere la persona combattiva, ambiziosa e determinata che sono ora.

Nadir, grazie in modo particolare per aver condiviso con noi la tua esperienza di vita. Ti auguriamo tutto il bene possibile e che la vita ti sorrida come meriti. Vuoi lasciarci con qualche aforisma o qualche frase che senti particolarmente tua?

In tanti paragono la vita a un combattimento sul ring: se stai al tappeto o all’angolo le prendi e basta. Quindi alzati, reagisci e lotta fino alla fine per quello in cui credi.

Ringraziamo davvero questo ragazzo coraggioso per la sua preziosa testimonianza, sperando che possa essere d’aiuto a qualcuno. Ci sentiamo alla prossima, stay tuned!

                                                                                                                                               Erika Corvo

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